Il Kung Fu è un’universo di stili. Quando si pensa al concetto di stile lo si associa quasi automaticamente al Kung Fu Tradizionale con le varie suddivisioni tra nord e sud, interno ed esterno, con le varie peculiarità che caratterizzano le tecniche e le posizioni di Shaolin, Tang Lang, Hun Gar, etc.
Meno istintivamente viene da pensare a diversi stili dello stesso stile, disciplina o sistema. Così spesso si parla di Wing Chun senza considerare che non esiste un solo stile di Wing Chun, bensì diversi, che si differenziano per le caratteristiche delle tecniche, delle posizioni e anche per la pronuncia del nome.
Tradizione o evoluzione. Il bivio che sempre più spesso i praticanti ed insegnanti di arti marziali cinesi si ritrovano ad affrontare. Sergio Iadarola, esponente di spicco del Wing Tjun ha decisamento scelto la tradizione.
Secondo Sifu Iadarola è necessario studiare i sistemi nel luogo di origine; <<Quando voglio mangiare la pizza vado a Napoli, non la vado a mangiara ad Amsterdam>>, racconda il Maestro Iadarola. Se si vuole imparare il Kung Fu è meglio recarsi a studiare in Cina, nei luoghi dove ha avuto origine lo stile che si desidera imparare.
<<Quello che era una volta è meglio di quello che c’è adesso>>, perchè un tempo chi praticava il Kung Fu aveva molto tempo da dedicare allo studio e perchè la difesa personale era un’esigenza. È l’essenza del pensiero di Sergio Iadarola espresso in questa intervista rilasciata a Kung Fu Life in occasione del Festival dell’Oriente.
Cosa ne pensate?
4 risposte
Ho visto molti video del maestro Iadarola, mi è sempre piaciuto il suo approccio al tradizionale. Personalmente non so se sia giusto o sbagliato, ma il discorso che fa ha senso e mi pare molto semplice: il kung fu era più efficace quando era studiato ogni giorno e sopratutto era USATO per difendersi davvero.
Poi che ogni maestro con anni di pratica ci metta del suo, esaltando un aspetto piuttosto che un altro, ci può stare, sopratutto considerando che per la maggior parte dei praticanti è una disciplina, uno sport e niente di più.
Se avessi incontrato il kung fu tradizionale prima, anche io avrei cercato le origini del mio stile, cercando di andare il più possibile alla radice.
Sono in linea con Matteo, l’approccio tradizionale fa onore al Maestro. Del resto non ha bisogno di elogi, molti orami conoscono la sua bravura.
Invece io vorrei commentare quei 5 minuti di intervista.
Vorrei ricordare che non tutti hanno la possibilità di andare in Cina a trovare il miglior kung fu, quindi bisogna avere la fortuna di trovare un Maestro come Iadarola che pratichi dalle ns. parti. Sicuramente l’approccio tradizionale è importante per chi fa tradizionale…..ma allora perchè utilizzare “solamente” l’approccio tradizionale?
Non crederete veramente che un gancio dato per strada sia fine a se stesso? seguirebbero sicuramente una serie interminabili di colpi.
Spostarsi verso il gancio per evitare un attacco di gamba? Ci può stare…ma l’attacco di gamba potrebbe avvenire anche dall’altra parte….e poi così facendo si va contro una forza, o no?
Quindi perchè molti praticanti di wing chun fanno l’attacco/difesa da una parte e il Maestro va dall’altra? Forse contrariamente a ciò che dice nell’intervista vuol metterci del suo….oppure i Maestri in Cina gli han detto che è una tecnica più affidabile?
Le mie considerazioni non vogliono essere assolutamente un attacco verso uhn mostro sacro come il maestro iadarola, ma voglion solo mettere a fuoco alcuni aspetti personali.
Un’ultima cosa. Sicuramente il kung fu del passato era + pulito, + efficace, eccc….ma credo anche + scarno. Sicuramente lottare per la vita è uno stimolo differente che fare sport o divertirsi. Ma gli hanni ci han regalato innumerevoi mutazioni positive delle arti marziali.
Certo non tutti possono combattere per la vita. Ma del resto non tutti erano guerrieri una volta, o no?
Spero di essere stato chiaro…a volte mi impappino da solo 🙂
Complimenti alla rivista e complimenti al Maestro.
Floridia Alessandro