Vivere di Kung Fu – capitolo 26 – inner game

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Vivere di Kung Fu - capitolo 26 - inner gameMartedì scorso ho partecipato ad un seminario sulla PNL (Programmazione Neuro Linguistica) tenuto da Roberto Re (qui c’è il suo blog), attualmente il maggior esponente italiano di quest’ambito, nel quale è stato citato un argomento che sembra cucito su misura per la nostra rubrica del venerdì vivere di Kung Fu, ed in particolare proprio per il post di oggi che segue quello di venerdì scorso relativo alla valorizzazione di se.
Il concetto è l’inner game. In modo generico si può dire che l’inner game è l’immagine di se stesso che ognuno ha nella propria mente. Fondamentalmente è il “come ti vedi”.
Indipendentemente da fattori esterni o dall’opinione altrui, è la partita giocata nella tua mente, prima che su campo.
E come giochi la partita, o come combatti il tuo incontro di sanda, dipende dall’idea che hai di te. L’inner game influenza l’outer game.
Il risultato è influenzato dalle credenza. Più sono limitanti più i risultati saranno scarsi.
È una cosa che si nota anche dall’esterno, a pelle. Un “vincente” lo si vede da come affronta la gara. Roberto Re ha fatto l’esempio di Valentino Rossi, come persona che ha definito essere al top a livello di inner game. E senza dubbio non si può dire che Rossi non sia un vincente, probabilmente al di là dei singoli risultati che ha ottenuto, ma proprio come mentalità e atteggiamento.
Avevamo già fatto l’esempio dell’atleta di sanda che affronta il combattimento con tensione, timore e poca convinzione nei propri mezzi a confronto con il combattente che invece è convito di vincere, perchè probabilmente nel suo modo di pensare lui vince l’incontro, si è già immaginato vincente, ha magari anche immaginato la scena nella quale vince l’incontro. Chi dei due, a pelle, ha maggiori probabilità di successo?
Quest’ultimo esempio rappresenta un’applicazione dell’inner game al Kung Fu, ma in realtà se pensiamo alla storia, filosofia e leggenda del Kung Fu quanti esempi troviamo di maestri che si sfidano per dimostrarsi migliori di tutti. O se pensiamo alle “imprese energetiche” dei Monaci Shaolin che fanno cose fuori dal comune col proprio corpo e soprattutto con la propria mente e la capacità di gestione dell’energia. O ancora non sono forse metodi di apprendimento del Kung Fu quelli che prevedono la ripetitività continua e quasi infinita di tecniche e movimenti fino al raggiungimento della perfezione del gesto?
Tutto questo non sarebbe possibile senza la convinzione di riuscire. Senza aver già visto nella propria mente il gesto perfetto non si può compiere quel gesto in modo perfetto.
Se ci pensiamo il Kung Fu non ammette inner game perdenti. Quindi mi allenare il proprio inner game mi sembra proprio un ottimo esempio del vivere di Kung Fu.

3 risposte

  1. Purtroppo in Italia la psicologia dello sport è ancora troppo poco sviluppata. Come maestro di arti marziali ed in primis come psicologo mi interesso da anni di come la nostra mente può influenzare le nostre prestazioni atletiche. La PNL (programmazione neurolinguistica) è un utile strumento perchè va a svelare la cosiddetta “Struttura della magia”, ossia l’insieme di meccanismi che sottostanno alla comunicazione umana. Uno dei fenomeni meglio conosciuti a tal proposito è quello che la scuola di Paolo Alto (California), con il contributo di Paul Watzlawick, chiama come “Profezia che si autodetermina o profezia che si autoavvera”. Questo interessante fenomeno mette in evidenza che il presente può influenzare il futuro e che i successi dell’atleta non dipendono solo e unicamente dall’atleta stesso, ma soprattutto da chi crede in lui. Se un maestro ha la convinzione che un proprio atleta è migliore degli altri o ha più capacità o più possibilità di vincere, anche senza comunicarglielo direttamente manderà all’atleta tutta una serie di messaggi non verbali, molti di questi inconsapevoli, che andranno ad aumentare le possibilità dell’atleta…di questo come insegnanti dobbiamo tenere conto e dobbiamo capire come funziona la comunicazione perchè seguendo il primo assioma della comunicazione umana “noi non possiamo non comunicare” e quindi per quanto ci sforziamo di rimanere neutri e “giusti” inevitabilmente andremo ad influenzare le prestazioni dei nostri allievi. Di conseguenza la psicologia dello sport deve lavorare su due fronti: sugli atleti, ma in primis sugli insegnanti per aiutarli a capire come funziona la comunicazione per poterla così utilizzare al meglio…

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