The Real Pincopallino System, Definitive Tizio&Caio Fighting Method, The Oiginal Maestroinvincibile´s Style…
Ce n´è quante ne volete. In giro per kwoon, dojo e palestre varie si ergono scopritori di sistemi nuovi e infallibili, ri-scopritori di antichi sistemi inspiegabilmente andati perduti ma ancora più inspiegabilmente ritirati fuori solo da loro. Aggettivi come real, definitive e original imperversano conseguentemente anche sul web, veicolo oramai elettivo di qualunque forma di conoscenza e pubblicità. Se poi Pincopallino non è un maestro nuovo ma un Bruce Lee o un Ip Man, allora scatta il paradosso: come è possibile che esistano due cose uguali ma anche uniche? A rigor di logica abbiamo che, nel dichiarare ognuna la propria unicità: o una mente e l´altra no, o l´altra mente e l´una no, o mentono entrambe. Non si scappa: non possono avere ragione tutte e due.
E se il non detto è nelle arti marziali molto più insidioso del detto, cosa “non ci dicono” questi appellativi? È evidente: se il mio sistema è quello real, gli altri devono essere per forza false. Quindi significa che l´unica cosa vera la faccio io, quella autentica, di prima scelta. D.O.C. come alcuni vini: se state bevendo un barolo cinese non state bevendo un barolo vero. <<The real barolo>> si trova solo nelle Langhe. Conclusione logica: quello che faccio io è il sistema migliore e gli altri sono inferiori.
E se il mio sistema è definitive? “Definitivo” significa concluso, finito, che non serve aggiungere altro. Non si cambia, questo è e questo resterà. Quindi qualsiasi modifica apportata è in partenza da considerarsi superflua, se non un errore. Più spesso, anzi, lo è. Definitivo vuol dire che dopo di noi non c´è più nulla da aggiungere e scoprire. Prima si, per cui proprio noi che abbiamo fatto il definitive system siamo stati innovatori, evolutori e ricercatori. Ma dopo di noi basta: non serve. Conclusione logica: quello che faccio io è il sistema migliore e gli altri sono inferiori.
E original? Mio l’originale, vostre le imitazioni. Ovviamente in questo caso tutta la faccenda del made in China si capovolge: esso è garanzia di originalità, tradizione, purezza non contaminata da incompetenze occidentaleggianti. Vuoi fare un sistema puro, lindo, pulito o un’imitazione? Meglio la copia o l’originale? Conclusione logica: quello che faccio io è il sistema migliore e gli altri sono inferiori.
Quanti non detti… Beh, mica poi tanti. Quasi tutti più o meno la stessa cosa: se sei un aspirante praticante di questa o quell’arte marziale, di questo o quello stile, vieni da noi che siamo i migliori e gli altri fanno o cose finte, o cose inutili e arretrate, o cose taroccate. Bene: non se ne può più. Io stravedo per gli innovatori, per chi decide di metterci la faccia in barba agli occhi a mandorla che si concentrano quasi sempre sul real portafoglio occidentale. Per forza gli altri vanno stroncati: è concorrenza. Se vai da un altro, porti soldi da un’altra parte. È la storia della pizzeria di fronte che dice che la tua pizza non è buona, che non è the real pizza napoletana, etc. Mi piacciono gli innovatori, ma per niente quelli presuntuosi. Definitive? E quando mai? Che ne sapete voi se c’è ancora qualcosa da scoprire? E soprattutto: cosa vi fa pensare che qualcun altro non possa scoprire qualcosa di valido almeno quanto il vostro?
Per definizione, l’ignoto non si conosce. Come fai quindi a dire che non c’è più nulla da aggiungere, che siamo al punto definitivo? Non puoi saperlo, ergo silenzio. E rispetto. Non riesco proprio a capire per quale ragione ci debba essere un solo modo di fare una cosa. <<Il Jeet Kune Do è uno solo>>, <<il Wing Chun è solo uno>>, <<il Kung Fu è solo uno>>: e chi lo dice? Una volta appurata la competenza, l’impegno, la crescita ed il duro lavoro che allontanano il pericolo di ciarlataneria e ignoranza, perché non deve esserci spazio per interpretazioni personali?
Sapete, in realtà riesco a capirlo. Beh, diciamo che più che altro propongo un’ipotesi. Doppia. Una ragione è sicuramente l’orgoglio. Il “fare la gara a chi è il primo della classe” è un comportamento ben radicato nell’essere umano e che trova la sua origine filogenetica in quella nostra parte istintuale che ci lega al mondo animale. Insomma, roba da competizione per le femmine durante la stagione degli amori, territori marcati come propri da spruzzi di urine sugli alberi etc. Anche tra musicisti, artisti etc. esiste un atteggiamento del tipo <<La tua non è arte vera e la mia si>>, ma nel nostro ambito marziale emerge particolarmente, a mio parere, proprio perché, diversamente dall’esigenza di espressione pittorica o musicale, la questione della difesa personale è intimamente legata a quel nostro lato ferino. Tra reazione attacco o fuga, a noi marzialisti piace l’attacco. Per questo la competizione e l’orgoglio del testosterone è sempre sulla cresta dell’onda: sarà questione di DNA.
La seconda ipotesi, nemmeno a ri-dirlo: soldi. Commercio, fama, potere, ambizioni etc. Business. Non andate alla pizzeria "Da Gennaro Inosanto", che la pizza originale la fa "Ted O’scugnizzo Wong".
A prescindere da tutto, non c’è mai spazio per chi fa davvero la differenza: il praticante. Scegliere le persone e non le chiacchiere, guardare negli occhi e non nei portafogli. Perché alla fine è con le persone che si ha a che fare. Scegliere non il sistema migliore, ma il sistema che si ritiene essere il migliore per te e in quel preciso momento: non è detto che non si cambi, altro che "definitive".
Pratica e lascia praticare.
Se poi c’è qualche "real definitive" che vuole urinare sul proprio uomo di legno, lasciamoglielo fare.
Una risposta
Io penso che senza scomodare filogenetiche necessità accoppiatorie di testosteronici maschi alfa dominanti il motivo della demolizione del concorrente non è altro che la continuazione dello scontro fisico in un campo virtuale, una sorta di scontro perpetrato con altre armi non calci e pugni ma video e asserzioni di efficacia. In fondo l”arte marziale non è che la ricerca di un metodo per sconfiggere l’avversario una lunga ricerca di un metodo completo di tecniche per sconfiggere definitivamente qualsiasi avversario ci si para davanti. È la natura ontologica dell’arte marziale quello di essere nelle sue prerogative, definitiva. Un vizio fondante che a mio avviso non è prescindibile dall’arte stessa. Con buona pace della filosofia zen che ha cercato di coprire con un mantello di romanticismo la natura di per se violenta di chi studia a tavolino come neutralizzare il proprio avversario (qualunque avversario). La stessa cosa che hanno cercato di fare i poeti : ammantare la riproduzione e la trasmissione del proprio bagaglio genetico (necessità biologica) con l’amore romantico che riempie i cuori. ..