Si parlava di forme, il mese scorso, e la rottura esistente sull´argomento si è ben palesata nella discussione che potete leggere su questo blog. Si parlava implicitamente di mano nuda, ma cosa succede a considerare le armi? O meglio, le armi tradizionali? Non intendo quindi il coltello e la difesa dallo stesso e casomai il bastone corto e relativa difesa. Certo, alla fine anche il Kali filippino è un´arte tradizionale, ma è innegabile che i programmi delle arti marziali “sperimentali” come il Jeet Kune Do (nelle sue migliaia di interpretazioni, dal Concepts all´Original, dallo Urban JKD di Emil Martirossian al sudamericano JKD evolution, fino ancora al “figlio” Keysi Fighting Method), il Wing Tsun EBMAS di Emin Boztepe e tutti i nuovi sistemi di difesa personale che si stanno proponendo sul panorama mondiale come l´Infinity Martial System di Giuseppe De Rosa, i vari Krav Maga, il Systema russo e via dicendo abbiano posto la loro attenzione su queste due armi: coltello e bastone corto. Perché? Beh, è evidente: perché sono le Armi con la “A” maiuscola, che la fanno da padrone nelle colluttazioni da strada, nelle aggressioni dei vari malintenzionati. Oltre a quelle da fuoco, ovviamente. Sul coltello c’è poco da dire, sul motivo per il quale viene usato in rapine, minacce etc. Il bastone corto è invece probabilmente l’arma che più richiama la “spranga da strada”, altro strumento principe per i malintenzionati.
Cosa ben diversa per sciabole, spade, coltelli a farfalla, forconi, alabarde, uncini vari, lance, bastoni a due teste e a una testa e una coda. Queste armi sono tradizionali con relativa “T” maiuscola. Ammesso e non concesso quindi che le forme a mano nuda abbiano una qualche utilità “vitale” per il combattimento, come stanno le cose per quanto riguarda i Tao Lu con le armi?
Tempo fa ebbi una discussione amichevole con un mio collega, maestro di arti marziali con molta più esperienza di me. Disse una frase che aveva qualcosa di tipicamente “slogan”: <<Il Kung fu serve per combattere. Ma per combattere ci vogliono le forme>>. Aggiunse poi che le forme con le armi sono il coronamento della mano nuda, ciò che rende la difesa personale ancora più efficace. Le armi farebbero insomma migliorare ancora di più le abilità che il praticante ha già acquisito con lo studio dei Tao Lu precedenti. Non mi convinse granché allora, di meno ancora oggi. Escludo immediatamente il coltello e il bastone corto e casomai quello lungo: lo studio attivo di come si usino queste armi ci insegna molto anche su come nella realtà potrebbero essere usate per offendere e quindi per imparare a minimizzare i rischi di un’aggressione con le stesse. Ma per quanto riguarda quelle tradizionali, sono piuttosto scettico che lo studio di una lancia o della sciabola possa in qualche modo contribuire ad una crescita determinante nel discorso difesa personale.
Un’altra eresia sul Kung fu tradizionale, che deve proprio starmi antipatico: molti lettori abituali di Kung Fu Life si saranno sintonizzati su questa lunghezza d’onda. Beh, se deve essere che sia pure: lo studio delle armi tradizionali non serve granché per imparare a difendersi. Si dirà: perché salvi il bastone lungo e non lancia e alabarda, il bastone corto e non sciabola e spada? Alla fine molto del maneggio di queste armi ricordano quelle altre. Appunto: lo ricordano. Anche il movimento delle braccia in un Tao Lu ricorda il combattimento, ma non è tale. Se uno impara ad usare una sciabola, imparerà ad usare una sciabola. Se vuole migliorare l’uso del bastone corto, tanto vale che studi il bastone corto. Insomma: se voglio imparare a usare questo benedetto bastone corto interrogherò il Kali o il Jeet Kune Do che da esso ha tanto imparato e non il Dao dell’Hung Gar, Shaolin o Tang Lang che sia. L’uso di una sciabola migliorerebbe il mio maneggio non più di un allenamento da artista di strada che compie giri e acrobazie con qualcosa di simile. O della pratica della ginnastica ritmica con determinati attrezzi. C’è poco da fare: per imparare a combattere bisogna combattere, per imparare a provare a non farsi ammazzare da un coltello bisogna provare a non farsi ammazzare da un coltello (magari finto). Posso studiare i doppi pugnali tradizionali, ma sarò ben lontano dal mio obiettivo.
Non dobbiamo infatti dimenticare che si è detto che imparare l’uso attivo di un’arma è determinante per migliorare nella gestione della stessa in difesa personale. Ed è qui innegabile che difendersi da un attacco di bastone corto è ben diverso dal salvaguardarsi da una sciabola o una spada: queste ultime tagliano, il bastone no. La lancia ha la punta e il bastone lungo no: rischiare di infilzare qualcuno con un improbabile attacco di punta con il bastone lungo è molto meno verosimile che lavorare con esso sulle altre direzioni. Insomma: il fatto di avere il filo non è cosa secondaria proprio come non lo è la presenza dell’avversario nella mano nuda.
Via libera allora allo studio del bastone corto con relativi riferimenti all’uso di strumenti di fortuna che possano imitarlo: ombrelli, spranghe et similia. Ma le armi tradizionali non fanno la differenza in un contesto di difesa da strada.
7 risposte
Mi chiedo e mi domando ma esistono ancora le persone che si pongono queste domande che risulterebbero ovvie anche ad una persona senza alcuna esperienza di combattimento? Ogni azione va fatta usando lo strumento che più si adatta a quella azione, io non proverei ad avvitare una vite con un martello ne a battere un chido con un cacciavite.. Quindi se uno studia un’arte marziale non ritengo che lo faccia con lo scopo dell’autodifesa da strada bensì perchè lo studio di quella determinata “arte” lo stimola e lo appassiona, se d’altro canto volesse imparare a difendersi per strada dovrebbe scegliere un sistema “moderno” (cioè nato per affrontare le esigenze di questo preciso momento storico con le armi probabili a disposizioni oggi) magari insegnato da una persona con esperienza seria in questo preciso campo per esempio un agente di pubblica sicurezza pubblica o privata che sia in grado anche di spiegare bene la teoria oltre che la pratica. Detto cio’ ovviamente aggiungo che nel momento in cui il proprio “insegnate, maestro, coach” dovesse essere veramente bravo e preparato in quel caso potrebbero esserci anche le eccezioni che confermano le regole (conosco certi praticanti di stili tradizionali che non mi piacerebbe incontrare per strada come possibili avversari. Concludo per rimanere in tema che le forme servono come allenamento propedeutico ad un determinato stile tradizionale e non per apprenderne i movimenti tipici e sicuramente non per imparare a combattere in senso stretto sopratutto non nella difesa personale
PS
Io personalmente non considero nel il JKD ne il WC (in tutti i suoi derivati) ne il systema, ne il Krav maga (per quanto quest’ultimi due sicuramente più adatti rispetto ai primi citati) sistemi validi per l’autodifesa personale da strada molto meglio un KFM
Nell’ambito militare (guerra) il combattimento era tipicamente armato e l’addestramento della lotta a mani nude era visto principalmente come complemento utile a irrobustire il fisico del soldato.
Nelle Arti Marziali Tradizionali Cinesi lo studio delle armi continua ad avere il suo perché in quanto:
1) sono utilissime per migliorare consapevolezza e gestione dello spazio attorno a noi, da quello molto vicino (coltello) a molto lontano (lancia) dal nostro corpo. E’ come passare da un obiettivo focale a un grandangolare.
2) avendo pesi, forme e dimensioni diverse, esercitano forze e resistenze attorno a noi che dobbiamo imparare a gestire e manipolare coordinando la nostra forza e i nostri movimenti. Non è forse quello che accade con il contatto con un’avversario umano?
3) Spesso e volentieri ogni arma si fa portatrice di storie e leggende impregnate di insegnamenti. Ad esempio, la Kwan Dao, l’alabarda che prende il nome dal Generale Kwan Yu il quale per evitare inutili spargimenti di sangue sfidava il comandante avversario e lo batteva mozzandogli la testa e al ritorno dalla guerra piangeva, ci da importanti insegnamenti e spunti di riflessione sull’etica marziale (anche se questi sono argomenti che sembrano non più di moda).
Mi trovo concorde con l’autore del post, meno con Piero: personalmente studio un’arte marziale perchè lo studio di quest’arte mi appassiona ma anche perchè ritengo sia utile come sistema di autodifesa, sia a mani nude che con le armi. Credo che l’essenza delle arti marziali sia ben racchiusa nel nome stesso: arte, cioè eleganza, flessibilità, agilità e marziale, cioè “di Marte”, del dio della guerra, quindi adatta per il combattimento e la difesa di sè.
A questo proposito, personalmente, trovo che le armi tradizionali siano indispensabili nei Tao Lu e utili in allenamento a scopo propedeutico, per preparare cioè gli allievi a muoversi maneggiando lunghezze e pesi differenti, confrontandosi così con un diverso modo di affrontare lo spazio attorno a sè, mentre le ritengo inutili in un contesto di autodifesa, soprattutto perchè è piuttosto difficile che qualcuno, oggi, giri per strada con un’alabarda o con una sciabola in borsetta… 🙂
Secondo me la prospettiva del post è errata. Le Armi Tradizionali esistono nel Kung Fu perché erano armi abitualmente impiegate in passato, ed anche come metodo di addestramento alternativo e complementare alla mano nuda.
Tuttavia ciò che rende un’Arte Marziale tale non è il numero di armi, di forme, di tecniche ecc. ma un set di principi strategici e tattici da applicare al combattimento. Le varie armi, compresa la mano nuda, vanno gestite secondo questi principi che sono il fondamento del sistema. Le forme riflettono questo fatto, nel senso che la stessa forma con lo stesso nome viene praticata in maniera diversa da stili diversi, percHé questi stessi stili hanno principi fondamentali diversi.
Di conseguenza, la pratica delle Armi Tradizionali di certo non è direttamente applicabile alla difesa personale (che comunque è sempre un ambito tecnicamente molto più limitato e grezzo dello studio completo e approfondito di uno stile tradizionale) ma i principi che sono alla base del loro maneggio sì. Con la giusta esperienza e conoscenza è possibile applicare ad altre armi, più “moderne”, le stesse tecniche, opportunamente adattate, delle armi tradizionali.
E’ lo stesso processo che è avvenuto in passato quando determinate armi sono state inseriti negli stili tradizionali.