Qual è lo scopo del Kung Fu?
Non quello generale per cui è nato e si è diffuso in Cina, intendo lo scopo che ha per ognuno di noi.
Perchè pratichiamo Kung Fu?
Per passione per le discipline marziali orientali, per studiare i principi e la filosofia su cui ogni stile si fonda, per estrapolarne l’aspetto meno artistico e più marziale, magari da appassionati di sport da combattimento, o proprio per l’aspetto artistico.
Oppure per una sorta di scopo terapeutico, per ritrovare un equilibrio con il proprio corpo, con la propria energia, per concentrare la mente e le azioni su qualcosa di totalmente differente dalla vita e dalle sfide di tutti i giorni.
Ognuno di noi ha la sua personale motivazione per la quale lo pratica, lo studia, lo insegna.
Eppure pare che alcuni rimangano fermi sui dettagli invece di approfondirne la sostanza.
È forse scopo di una disciplina tanto antica quello di affermare quale stile derivi da quale altro?
O chi ne sia l’unico detentore assoluto?
Ha così importanza se le conoscenze acquisite sono state tramandate da un maestro cinese o da uno occidentale, se sono entrambi di alto livello tecnico?
E poi: pratichiamo Kung Fu per noi stessi, per una crescita personale, qualsiasi sia la motivazione che ci spinge, o per arricchire la fama di qualcun altro?
Certo non avrebbe senso seguire la prima persona che ci capita e prendere per oro colato tutto ciò che ci viene mostrato. Ma nemmeno avrebbe senso osteggiare senza beneficio del dubbio chiunque si faccia avanti con una voce più distaccata dal solito coro.
Non dobbiamo, a mio avviso, perdere di vista la nostra personale motivazione. E proseguire con la strada che noi stessi riteniamo la migliore per noi, non necessariamente quella che segue il Maestro. Se coincidono tanto meglio, ma se lavoriamo con occhi e orecchie chiuse sarà ancora il nostro Kung Fu?
La mia è una riflessione generica, un po’ amara, verso un mondo che a conoscerlo un po’ meglio può lasciare delusi. Chi pratica per passione, chi è spinto dalla sete di conoscere e non da quella di comandare, potrà convenire con me che i maestri che perdono il loro tempo nel rincorrere sé stessi e la propria immagine nel contesto marziale, perdono la strada per la quale hanno iniziato.
Studiare e poi insegnare, tramandare, appassionare, riconoscere le proprie conoscenze ma allo stesso tempo sapersi aprire a visioni differenti dalle proprie anche se può significare mettere in dubbio una parte della propria formazione.
E accettare di non essere i soli, gli unici.
Se qualcosa funziona, un principio, una teoria, una nuova impostazione, funzionerà indipendentemente dal nome di chi l’ha ideata… e non per forza bisognerà stravolgere le proprie abitudini, ma semplicemente adattarle.
Adattarsi, proprio un principio caro al Kung Fu, senza perdere il proprio obiettivo.