Per chi nel Kung Fu cerca lo spirito

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La nostra società occidentale è figlia dell´era industriale ottocentesca ed è completamente votata all´idea del progresso tecnologico. A volte però non ne può più di se stessa e sente il bisogno di rivolgersi altrove. È un po’ il senso delle ferie dal lavoro: molta gente cerca paesaggi naturali e luoghi ameni.
Così, succede che a tirar troppo la corda con la lena sul lavoro, il tipico personaggio occidentale “medio” — ovviamente nel senso di persona nella media, e non in quello di mediocre — si lascia affascinare dall’esotico. E c’è esotico ed esotico: c’è chi parte e si fa il coast to coast attraversando le riserve amerindiane, chi fa rafting, chi va nella nera Africa e chi al Polo Nord. Noi invece andiamo in oriente. Alcuni di noi ci vanno inoltre “stabilmente”: hanno bisogno di una quotidiana boccata d’aria e di solito questa si può prendere la sera o nelle pause pranzo. Corsi di yoga, reiki, qi gong, taijiquan o anche Aikido, Karate, Iaido, Kendo. E poi noi: il Kung Fu.
C’è quindi chi si iscrive ad un corso di Kung Fu più per esperirne il profondo significato così “altro da noi” che per imparare a difendersi. Sono di solito persone che studiano la disciplina con calma, mitezza, che parlano spesso e leggono testi come il Tao Tè Ching piuttosto che Il Manuale pratico del Jeet Kune Do di Bruce Lee. Non che il combattimento non interessi loro: potrebbero altrimenti fare yoga o qi gong. Ma combattere è per loro una parte fondamentale interna alla disciplina, mentre la volontà di solcarne i fondali più profondi è ciò che veramente li spinge a entrare in un kwoon.

manuale del guerriero della luceÈ proprio questo il personaggio che prima degli altri si incammina sulla via del guerriero intesa in senso spirituale, esistenzialista, quasi coelhiano. Un guerriero della luce a là Pablo Coelho, un aspirante maestro di quelli che insegnano ad affrontare più i propri demoni interiori che un ipotetico aggressore per strada. Non che chi cominci a praticare Kung Fu per autodifesa o obiettivi sportivi non possa finire anch’egli subito su quel sentiero. Sono convinto però che sia molto più probabile per il nostro guerriero della luce.
Sono quelle persone a cui gli amici, quando scoprono che da qualche tempo il loro amico studia un’arte marziale orientale, più che chiedergli «Ah, adesso fai arti marziali ! Quindi se io ti colpissi così o cosà e qui o qua, cosa faresti?» gli chiedono di parlargli dei valori che sono alla base della loro nuova esperienza e magari stanno ad ascoltare incantati. Etica e comunione con se stessi, ascesi ed estasi mistica: come dovremmo chiamarli? Beh, il misticismo sarebbe forse un’esagerazione anche un po’ barocca, ma durante il mio percorso nell’arte ho trovato molto arricchente l’incontro con persone del genere.
Forse il mio approccio al Kung Fu deve molto a quelle chiacchierate. Diventare insegnante richiede uno studio serio e costante. Richiede la voglia di andare sempre avanti, di ingoiare quei rospi che il tuo maestro ti mette in bocca quella sera che ha le scatole girate e se la prende con il tuo modo di fare una forma o una tecnica. Una buona dose di intelligenza direi: riuscire a capire che anche il maestro è umano e può sbagliare, mettere in conto che incontreremo situazioni dolorose di qualsiasi tipo, durante un percorso vero.
Quindi un giorno ti svegli e noti che il tuo stile di vita si è settato sulla tua arte. Non pratichi il Kung Fu, ma lo vivi. Sempre lì con la testa, sempre voglia di imparare.
Credo che svolte del genere nella vita di una persona che diventa un guerriero della luce, e così facendo migliora la sua esistenza, siano in parte merito di chi ha sete più dello spirito che del corpo dell’arte. Anche se non si concentrano su antistupro, coltello, strangolamenti e via dicendo hanno un ruolo importantissimo.
Esistono tante discipline che potremmo considerare efficaci, in questo periodo vanno tanto le russe e le israeliane. Ma a loro stesso dire esse non contemplano guerrieri della luce. Lasciatemelo dire: sono contento di stare in Cina.

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