Non esiste più il Kung Fu di una volta

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“Le arti marziali e il monachesimo hanno la stessa radice: entrambi sviluppano l’esigenza di silenzio, ritiro e spiritualità, solo in forme diverse. […]Silenzio, distacco dal mondo, interiorità, sono essenziali anche oggi nella mia vita di scrittrice e di artista marziale. Ripetere, pulire, andare a fondo, raggiungere il gesto vero unificano le due estensioni del mio essere.”
È una frase di Susanna Tamaro, nota scrittrice italiana, aiutrice di “Va’ dove ti porta il cuore“.
Quanto di questa frase c’è di vero nelle moderne arti marziali occidentali? Quanti praticanti di Kung Fu Tradizionale in Italia usano circondarsi di silenzio alla ricerca della pulizia dei gesti e del contatto col proprio io?
La figura molto cinematografica dell’artista marziale forte e saggio, coraggioso e calmo, silenzioso praticante del culto dell’energia è sempre più raro in occidente. Complice lo stile di vita che poco spazio concede agli aspetti interiori del vivere quotidiano, oggi, in ambito marziale tradizionale, respiriamo un’aria sempre più condizionata dal “tutto e subito” e sempre meno dedita al “qui e ora”.
La fretta dei traguardi costringe a smarrire per strada il gusto del viaggio. Così, ad esempio, è importante sapere tante forme, più che capirne a fondo alcune e davvero sentirle nel momento in cui si eseguono. La pratica del Kung Fu è spesso caratterizzata dalla rincorsa alla cintura, al grado, al riconoscimento cartaceo di un diploma che ci fa camminare a testa alta in mezzo agli altri praticanti di federazioni, palestre, eventi, etc. Sono più bravo perchè ho il grado più alto invece di avere il grado più alto perchè sono bravo (senza “più”).
E soprattutto sono più bravo di chi?
Se come diceva Bruce Lee ogni tre persone che incontri una potrebbe essere il tuo maestro significa che almeno una volta su tre c’è uno più capace di me. E allora essere il più bravo è una questione di tempo: oggi lo sono ma tra due incontri non lo sarò più, perchè ho trovato uno più bravo.
E l’abilità con quale unità si misura?
Gli antichi maestri dimostravano contrapponendo il proprio Kung Fu a quello di altri maestri, ma anche questa pratica (giustamente) non è abitudine occidentale moderna. Allora lasciamo il giudizio alle competizioni sportive e ancora una volta ai lunghi e vuoti curricula marziali che raccontano di studi effettuati con altisonanti nomi cinesi. Ma le competizioni decidono chi è nel singolo evento l’atleta più preparato e non certo l’artista marziale più completo. Non è detto che il praticante di Kung Fu che maggiormente si avvicina allo studio profondo e completo dell’arte vinca tutte le competizioni, anzi, spesso neanche vi prende parte.
E che dire dell’attitudine di molti maestri e praticanti a decantare le proprie lodi marziali? … Niente. Personalmente ritenfo più utile rileggere la frase di Susanna Tamaro e dedicarsi a quel silenzio di ricerca e studio che tanto fa bene all’arte.

2 risposte

  1. Concordo sul recupero di una dimensione di silenzio e concentrazione, anche se penso che le competizioni possano essere utili, ovviamente utilizzate come mezzo e non come fine.
    Per il resto ci vorrebbe davvero, meno insulti e chiacchiere, più pratica e silenzio.

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