«Pugni al sud, calci al nord»: chi non si è mai scontrato con questo famoso detto? Generalmente succede entro il primo anno di pratica. Un curiosissimo novellino entra in una palestra senza sapere assolutamente nulla delle arti marziali e chiede di provare. Bellissimo: si iscrive. A questo livello è abbastanza ininfluente che si tratti di Hung gar Kuen, Choy Li Fut, Wing Chun oppure Tanglangquan, Tongbeiquan o Shaolin del Nord. Anzi: è già tanto se il nostro neofita conosce la differenza tra Kung fu e Karate.
Durante il primo anno di pratica si imparano però le prime cose e le basi teoriche dell’arte che si pratica. Se la si pratica bene e con passione, ovvio: il problema Sud/Nord non si pone per chi si accontenta di un posto dove muovere a caso gambe e braccia.
Gambe e braccia, per l’appunto: Nord e Sud, dunque? Oscillerei tra il serio e il faceto se puntualizzassi che non si sta affrontando un problema politico o secessionista, per il quale qualche poco tollerante cittadino del Nord Italia cerca in tutti i modi di prendere a Zheng ti tui un napoletano che si difende a suon di Faak Sao. Gambe e braccia al Nord e al Sud riguardano ovviamente Pechino e Hong Kong, Yantai e Shanghai.
Il detto sostiene evidentemente che gli stili del Nord usino più i calci, quelli del Sud più i pugni. Se parlassimo di Wushu moderno sarei probabilmente abbastanza d’accordo. Il Chang quan è pieno di calci volanti e acrobazie bellissime mentre il Nan quan si tiene un po’ più sul terreno. A ben vedere, però, la differenza si coglie molto meglio se si ragiona in termini di acrobazie e stile del movimento più che sulla dicotomia tra arti superiori e inferiori. Per esempio nel Nan quan si fanno tantissimi salti mortali indietro e atterraggio in Dandie Bu. Le ruote senza mani, i butterfly kick, i calci ciclone con atterraggio in spaccata sono invece più consoni ad un praticante di Chang quan.
Le basi generiche del Wushu sono, a prescindere dallo stile, più o meno le stesse per tutti: che sia Nan quan o Chang quan, i Jibengong dei calci sono sempre quelli lì. Si potrebbe pensare che la differenza risieda nell’espressione della stabilità attraverso la posizione e il controllo del proprio equilibrio. Ma anche se il Nan quan è più vincolato al terreno ed esprime delle potenti tecniche di braccia restando in posizione, le acrobazie non mancano. Il Chang quan è sicuramente uno stile “volante” in cui l’acrobazia la fa da padrona, ma se uno sa fare un ciclone, più due giri su se stesso, più spaccata, come facciamo a dirgli che è meno stabile di uno che fa Nan quan? Direi che sono due modi di esprimere la stabilità e l’equilibrio un po’ diversi, e questo ci riporta ancora e sempre di fronte alla nostra tendenza occidentale a ragionare per terzo escluso: trovare la differenza in termini di sostanza più che di funzione. La sostanza è la stessa, invece: la stabilità e l’equilibrio, che in sé restano tali. La funzione è ciò che si pone come prioritaria: il tipo di movimento cambia in funzione della stessa cosa, essendo solo stilisticamente diverso. Dico questo perché sento spesso dire che «gli stili del nord sono più ballerini». Non scherziamo: un campione di Chang quan ha un controllo del proprio corpo assolutamente eccezionale.
Forse le origini vanno ricercate nella storia e nella cultura cinese, e questo ci costringe a spostare il discorso sul Kung fu tradizionale. Esso è infatti il padre del moderno e in quanto tale gli ha trasmesso valori e caratteristiche che recava con sé nei secoli andati. Si racconta allora che l’economia del sud era basata sull’agricoltura, riso per lo più. Essendoci allora le risaie, si combatteva con le gambe immerse in acqua e casomai sopra le barche (ricordate il Maestro Miyagi che insegna l’equilibrio all’allievo Daniel-san in Karate Kid?): era per questo molto difficile usare le gambe per calciare, visto che dovevano occuparsi di tenere il corpo in equilibrio. Al nord invece c’erano più nomadi e cavalieri, per cui il combattimento si svolgeva su distanze molto più lunghe: combattere a cavallo è ben diverso che combattere su una barca o con le gambe immerse in acqua.
La spiegazione storica mi convince poco per almeno due ragioni. Che mi suggeriscono che più che di storia si tratti di leggenda, la quale sicuramente avrà la sua quota di verità che non va però sovrastimata.
La prima ragione è di ordine logico: non si capisce come l’andare a cavallo possa favorire l’uso dei calci più del combattere in una risaia. È parecchio difficile governare un cavallo con le gambe e il sedere per aria. Inoltre: al sud c’era per caso Atlantide? C’era solo acqua dappertutto? E come si muovevano? Avevano il treno o le motociclette? I cavalli erano chimere? È molto difficile risolvere questi dubbi perché è difficile trovare informazioni storiche abbastanza sicure sulla Cina al tempo della nascita di una pur minima differenza tra Kung Fu del sud e del nord.
La seconda ragione è di ordine tecnico. Qualsiasi bravo maestro, indipendentemente dallo stile insegnato, vi insegnerà a calciare al massimo a livello della cintola: non più in alto. Per quello ci sono le braccia. È rischioso alzare il tiro delle gambe perché più le si alza, meno forza esprimono. E mantenere l’equilibrio diventa comunque più arduo. Si dirà: la differenza è solo nelle forme. Ma allora le forme del Nord alzano le gambe più di quelle del Sud? Se così fosse vorrebbe dire che gli stili del Sud sono più pratici perché subito applicativi: per applicare le forme non bisogna correggere il tiro dei calci perché già hanno gli angoli giusti. Beh, andate a raccontarlo a un vero maestro di Tanglang…
La differenza sarebbe comunque non più tanto sul versante gambe vs braccia, ma su quello coerenza tra forme e applicazioni, che sarebbe ovviamente superiore nel sud.
Non mi convince molto: gli stili tradizionali del nord come Tanglangquan e Tongbeiquan sono estremamente corti e applicativi e le tecniche di braccia sono senza dubbio il loro punto di forza.
Concludo con una veloce impressione: è comunque evidente che le differenze ci siano.
Quando le ricerchiamo bisogna però scomodare per davvero la storia e la cultura e questo non è facile perché confluiscono nella questione fattori economici, antropologici, geografici, sociali, storico-culturali e tutti da considerare in relazione al Kung Fu. Se invece le ricerchiamo nella tecnica, credo che nel Kung Fu tradizionale si tratti più che altro di teoria geometrica del movimento. Al Sud si lavora molto su linee rette ed essenziali, e costruendo figure con spigoli il movimento giocoforza si spezza. Celebri il triangolo del Wing Chun e il quadrato dell’ Hung gar. Al Nord invece sono le traiettorie circolari ad andare per la maggiore ed è per questo che il movimento risulta senza soluzioni di continuità. Sarà questo muoversi incessante a conferire l’aria “ballerina” al Kung fu “settentrionale”? Ma non crediate che per questo sia semplice fare a botte con un serio maestro del Nord: non ci sarà molto da ballare e divertirsi.
In definitiva, ho solo buttato un riflessione lì, per vedere cosa suggerisce. Per il resto, come si fa a non entusiasmarsi quando vediamo “Ip Man” Donnie Yen combattere con il sobrio Wing Chun di Foshan contro il funambolico Maestro Jin Shan Zhao, lo straniero del Nord interpretato da Fan Siu Wong? Ovviamente vince Ip man: scusate se è poco.
Una risposta
ciao….che dire? grazie mille per questo interessante articolo!
non si finisce mai di imparare.