Molti secoli orsono narrai di tre regni oltremondani. Di uno dissi delle pene e delle sofferenze degli uomini dannati. Di un altro vidi le purghe e i dazi, volti al futuro perdono, di uomini attenti alla luce del terzo regno. Di quest´ultimo, infatti, non vidi che luminositá e beatitudine. Fui chiamato <<il poeta>>, padre dell´italiano idioma. Un giorno, poi, solcai per davvero il confine tra ció che vive e ció che muore, e mi trovai qui: un luogo immenso e pieno di gente, ma dei tre regni non vidi traccia. Forse esistono e non mi è concesso contemplarli, forse tutto quel che posso sapere è qui. Qui, peró, ognuno vive una vita propria, insieme a chi vuole, facendo quel che vuole.
In questo luogo arrivano ogni giorno molte persone. Oggi, dopo un lungo viaggio, è giunto un grosso uomo di colore, dal viso scavato da mille sofferenze e battaglie. Appena arrivato, il suo passo era incerto e claudicante. Non è un luogo freddo, eppure Muhammad Ali – seppi esser questo il suo nome – tremava come fosse nudo e immerso nel ghiaccio. Ma non aveva freddo, il guerriero. Era invece malato, di una malattia forse dovuta proprio ai tanti colpi presi sul tappeto. Gli occhi sbarrati cercavano di orientarsi in questo nuovo mondo senza tempo e senza fretta. Luogo ove ognuno puó dar sfogo al proprio vero essere, oltre ogni vincolo di etá.
Procedeva con far tramante il vecchio Cassius Clay, nome che seppi esser suo per primo e che poi cambiò in Muhammad Ali per nobili ragioni. Si guardava intorno, quando vide un giovane cinese in far marziale su un grosso sacco appeso. Colpiva forte, l’orientale, con braccia e gambe e gomiti e ginocchia. Ogni volta accompagnava la propria veemenza con intensi vocalizzi di decisa energia vocale. Tra un impatto e l’altro, poi, muoveva i suoi passi con velocità e leggiadria, compiendo un elegante ballo intorno al sacco. Fu a quel punto che Ali gli parlo, interrompendone gli esercizi.
<<Tu, uomo orientale, sei colui che chiamano Piccolo Drago. Sei il celebre Bruce Lee?>>
Il Drago rispose: <<Si. Chi sei tu, invece? Per qual ragione interrompi il mio allenamento, finalmente libero da ogni dolore e infortunio?>>
Muhammad Ali rispose: <<Suvvia, tu davvero non sai chi sono?>>
<<Un vecchio tremante, un po’ zoppo e con gli occhi sbarrati: sei forse stupefatto dal mio grande talento?>>
<<Questo è ciò che vedi davvero? O sei crudelmente sarcastico e, lasciami dire, tremendamente ingrato?>>
Interruppi io il lor conversare, cosciente dell’equivoco presente tra i due:
<<Ali, non offenderti. Gli uomini e donne di queste terre non hanno scienza di ciò che oltre il confin della vita accade. Serban ricordi di ciò che fu, ma di quel che dopo il trapasso accadde a chi rimase non han alcuna dritta>>.
Il giovane Bruce trasalì al nome che io stesso pronunciai nel rivolgermi al pugile. E disse quindi:
<<Ali? Sei tu quel Muhammad Ali sovrano del ring, colui che fu leggiadro con gambe e passi ma anche pungente con pugni e colpi? Sei tu la Farfalla come anche l’Ape?>>
<<Capisci quindi perché ti ho detto ingrato? Tu hai memoria di me fin quando fui giovane, ma io so bene di te la vicenda marziale: so bene che la via del pugno che intercetta mi deve e pur molto dei passi che fai. Sei una buona farfalla, Bruce Lee/Jeet Kune Do. E sai anche pungere, non si nega>>.
<<Io son lusingato dalle tue care parole: studiai a fondo i tuoi passi e li insegnai agli allievi che con il Wing Chun si sentivan immobili. Benvenuto tra noi, grande guerriero: che la mia roba sia la tua, in tutto quel che desideri>>.
E mentre parlavan i due grandi, il buon effetto di codesta terra non tardò a farsi sentire: passo dopo passo i tremori di Ali si placarono e gli occhi si richiusero, tornando già come furono quando eran da tigre. Ritrovò quel suo sguardo tagliente e piccolo, sicuro e forte. Le sue rughe sparirono e i suoi muscoli si tiraron di nuovo. Un pochino sorpreso si rivolse a me:
<<Tu, uomo italiano dal rosso cappuccio, cosa mi accade? Perché son guarito, perché mi sento come il campione che fui?>>
<<In codesto luogo, buon Cassius, si è come si fu all’apice in vita. Si è come si sarebbe desiderato essere per sempre, e così sarai per sempre>>.
<<Una buona notizia: lasciar lontani i giorni dei tremori e del cuor che cedeva. Sentire di nuovo l’ansimar che veniva saltando la corda, il peso del sacco colpito dai pugni, il ballo leggiadro che mi rese famoso>>.
Il Drago e l’Ape dal far di Farfalla si guardaron sapendo che così sarebbe stato: un grande match si sarebbe fatto. Ma Bruce sapeva bene e lo disse anche in vita che Alì era forte, forse più del Drago. Che un uomo che combatte davanti ad una cinepresa fatica con chi lo fa davanti alla telecamera che filma lo sport e non il gran schermo. Non era però sufficiente motivo per rifugger la sfida: Bruce sapeva di esser di fronte ad un suo maestro in vita, tale anche se allora egli mai lo incontrò.
<<Il tuo Jeet kune Do è un po´ figlio della mia boxe. Ma non solo per questo io ti vengo ora incontro. So che ci fu un tempo in cui tu bussasti alle porte americane del cinema di Hollywood. Ti fu risposto che non era posto per un giovane dagli occhi a mandorla. Ti si preferì quell’uomo dai tratti dell’Ovest, seppur in talento tu lo superavi. Tornasti ad Hong Kong a fare il cinese, ma presto il gran cinema avrebbe saputo che Bruce lee ce n’è uno: e ti richiamarono>>.
<<Sai molto di me: restasti in vita quand’io mi apprestavo a passar dalla morte. Io so invece meno di te: ricordo di Liston e Frazier e il rifiuto del Vietnam. Perché dici dunque che c’è altro tra noi?>>
<<Nascesti in America, eppure eri un Drago. Il taglio degli occhi lo porti da Est: è questo tuo tratto evidente espressione dei tuoi veri natali, che mai hai rinnegato. Come tu col tuo sguardo, son io con il color della pelle che vesto da sempre: origini americane ma un chiaro passato mi lega ad un’Africa troppo discriminata>>.
<<Hai lottato anche tu per discriminazione?>>
<<E di molto, direi: per tutta la vita. Abbiamo in comune quell’insofferenza all’intolleranza propria degli umani che vedono solo il lor palmo di naso. Entrambi viviamo in terre di confine, entrambi sappiam di avere del sangue che mezzo è in un modo e mezzo è in un altro>>.
<<È vero: capisco adesso ciò che tu dici. In questo mi sento ancor più vicino al guerriero che mi insegnò come muovermi, io dapprima fermo per tradizione>>.
Le loro parole di tolleranza, guerra, pregiudizio e discriminazione mi ricordarono ciò che di Fiorenza scrissi ai tempi di papi, di guelfi, ghibellini e regnanti. Il dialogo, poi, andò avanti per ore ed io aspettai per vederli combattere. Accadde, ma questa è già un’altra storia.
2 risposte
Ciao Mark, francamente non so come sarebbe andato a finire questo combattimento, di certo i due avevano un punto di vista e una formazione differente. Ma c’è una cosa di cui sono certo e cioè che tu sei un genio te lo giuro. Un caro saluto!
Dire che sono lusingato é poco! Grazie a te invece!