In questo imperversare di cinecomics e supereroi che si sfidano a colpi di botteghino, la mia passione per i fumetti americani si sta esaltando quasi quanto quella per le arti marziali. Ritengo senza alcun dubbio che il cinema divida con il fumetto il proprio status di nona forma d´arte e, se ne deriva una convergenza sul grande schermo, è del tutto auspicabile che al normale intrattenimento si affianchi qualche messaggio piú profondo.
Le arti, come quelle marziali, che veicolano qualcosa di piú che il semplice diletto: è questo il loro punto di forza. C´è qualcosa peró che al cinema di comics e supereroi sfuggirá per sempre: la complessitá della continuity di anni e anni di evoluzione narrativa dei personaggi e delle loro storie su carta illustrata. È un po´ come i film tratti dai libri: avranno sempre qualcosa in meno, dato che dovranno condensare in due ore quello che il libro esprime in centinaia di pagine. Di positivo c´é che di solito vengono girati molti film su un solo soggetto, cosí che venga riproposta un minimo di evoluzione dei contenuti.
Sulla saga a fumetti dedicata a Wolverine e intitolata Wolverine: Evolution viene presentato il personaggio di Romulus. È un antenato del noto mutante ed X-man canadese artigliato e invulnerabile e ne condivide diversi poteri e abilità. Una, naturalmente, è la conoscenza delle arti marziali. Cosa vi viene in mente se mettete nella stessa frase i termini <<antenato>> e <<arti marziali>>? È evidente: la figura del maestro. Romulus non è esattamente il maestro di Logan, ma continua a ripetergli una frase che, nel corso della storia, diventerà un vero e proprio mantra: io sono ciò che tu sarai.
Se ci allontaniamo per un attimo dall’uso che si fa di questa frase come epitaffio all’ingresso di molti cimiteri, a me viene in mente proprio la riverenza che l’allievo riserva al proprio maestro. Lo studente che vede l’insegnante come un modello da eguagliare, raggiungere ed eventualmente superare: quante volte avete sentito dire ad un praticante <<Il mio maestro è eccezionale, vorrei diventare bravo come lui>>? Per contro, allora, il maestro reagisce a questi lusinghieri interessamenti insegnando a chi lo segue l’arte marziale che propone. Ed è molto spesso proprio io sono ciò che tu sarai il movente e significato della sua didattica.
Mi spiego. Per dare senso al suo lavoro, un insegnante non può trasmettere il tacito messaggio <<studia studia, tanto non ce la farai mai>>. Il motivo è ovvio: potrebbe demotivare il proprio allievo che poi smetterebbe di allenarsi. Non mi pronuncio adesso sull’incredibile dato di fatto che esistano tuttavia maestri che si approcciano proprio in questo modo agli allievi, credendo forse che suscitare complessi di inferiorità aumenti la riverenza loro dovuta e quindi il proselitismo dei discepoli. Il bravo insegnante, invece, dà speranza al suo allievo, e al suo desiderio di diventare alla sua altezza risponde con un inconsapevole <<impegnati e ce la farai: riuscirai a diventare abile come me>>.
Io sono ciò che tu sarai diventa quindi una misura di quanto è bravo il praticante: la quantità delle sue conoscenze in merito alla propria arte marziale. Fino a dove conosce il programma, quanto sa fare le cose correttamente. Verosimilmente, più studia più il suo movimento assomiglierà a quello del suo maestro, che a sua volta fece lo stesso con il proprio fino a giungere al fondatore dello stile. Se per caso quest’ultimo aveva deciso di imitare una gru nel proprio combattere, avrà quindi dato il via ad una dinastia di uomini-gru: lo stile trasmesso nei secoli ai discepoli degni di questo nome.
Si noti adesso che discepolo non è allievo: un Tudi è un discepolo nel senso più settario del termine, dato che segue i dettami solo del proprio Maestro. Se un allievo ha quindi un maestro e può averne anche più, un discepolo ha solo un e IL proprio Maestro. Questione di maiuscole, ma differenza fondamentale. I 12 discepoli di Cristo non erano soliti seguire altre religioni, e se per caso un discepolo di Maometto cominciasse ad interessarsi a qualche altra forma di fede verrebbe certamente definito un infedele. L’allievo non ha questo problema: un professore di matematica e uno di fisica possono avere lo stesso allievo.
Ed ecco un primo indizio fondamentale della differenza tra i due approcci: la fede e la religione sono metafisiche dell’esistente e soprattutto di cosa dovrebbe esistere, la matematica e la fisica sono invece scienze di ciò che, esperibilmente ed in un determinato modo, c’è. Il discepolo è figura mitica e fideistica, settaria. L’allievo è figura scientifica ed empirista, accademica.
Detto questo, notiamo come negli stili di Kung Fu Tradizionale per diventare come il Maestro bisogna studiare da discepoli. Gli allievi sono quelli un passo più lontani, a cui non vengono insegnati i segreti più intimi dell’arte. Non possono essere ciò che è il Maestro perché quest’ultimo non rivela tutto se non ai discepoli. Per essere tali, però, dalla mentalità dello studio si deve passare a quella dell’esclusivismo della setta: studierai solo il mio stile e null’altro. Non avrai altro Dio all’infuori di me: mai nessuna personificazione della fisica ha mai detto ad un suo studente qualcosa del genere per evitare che egli si dedichi anche alla matematica.
Recentemente ho pubblicato un libro intitolato Strani racconti Zen. Curiose vicende di uomini e mondi, che raccoglie diversi racconti dall’atmosfera orientale ma decisamente contaminata da tradizioni letterarie, artistiche e filosoficamente occidentali. All’interno troverete il racconto La creazione della statua del Re, che esprime in forma prosastica quel Io sono ciò che tu sarai che, da Wolverine, abbiamo trovato come desiderio dell’allievo o discepolo più ambizioso. In merito a questo, Bruce Lee sosteneva che se qualcuno insegna, non deve insegnare quello che il suo maestro gli ha insegnato, ma ciò che invece egli ha imparato. E ciò deve essere necessariamente diverso da ciò che gli è stato insegnato. Diverso e migliore, ma non perché l’allievo avrà superato il maestro, ma solo perché le differenze individuali che ci caratterizzano tutti renderanno il Kung Fu di chi impara unico e irripetibile. Sarà "migliore", dunque, perché il migliore per chi lo pratica: scimmiottare i movimenti di qualcun altro cercando di essere lui non è esprimere se stessi. L’attenzione si sposta dunque da quanto uno è bravo a come uno è bravo: dalla quantità delle cose che sa alla qualità, intesa nel senso del modo unico con cui solo lui può farle.
Il punto di voltura sta nello studio da allievo o da discepolo. Nel grado di libertà che ci si riserva di tenere. Come sarà la vostra statua, e che statua siete o siete stati? Se siete curiosi e interessati a leggere il libro Strani racconti Zen. Curiose vicende di uomini e mondi, potete acquistarlo in forma di ebook su Amazon e le altre principali piattaforme online al prezzo di 9,99 euro, oppure ordinarlo cartaceo scrivendomi direttamente una mail all’indirizzo mbonifati@libero.it .