MACELLAI, CERVI, ALCI…

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mani yin yang

«Quando iniziai la mia carriera vedevo solo un alce da macellare. Mi sporcavo, mi stancavo, tagliavo pezzi sbagliati e consumavo molti coltelli. Dopo tre anni di lavoro non vedevo più un alce, ma un’immagine da sezionare meticolosamente attraverso tagli portati con metodo in posizioni precise, con contorni precisi. Mi sporcavo di meno, ero più preciso, pezzi migliori, consumavo pochi coltelli ed ero alla fine meno stanco. Adesso i miei occhi vedono di nuovo un alce ma le mie mani si muovono da sole e alla fine del mio lavoro mi ritrovo pulito, fresco, con pezzi precisi e pregiati. E porto questo coltello con me da 19 anni».
Così concludevo il mio recente post sul blog.
Non amo molto parafrasare, tradurre, spiegare un figura retorica: essa dice già tutto perché il suo modo di dirlo fa parte del suo stesso senso. Si sarà capito che il post verteva sul modo di concepire l’energia, ma mi sono accorto di un altro importante contenuto. Sta proprio nelle precedenti parole e non si riferisce tanto all’energia quanto ad aspetti tecnici e soprattutto ai principi.
Voglio dunque sottolinearlo a dovere, e allo stesso tempo invitare i lettori a riflettere sia su questo sia sul discorso sull’energia che non desidero spiegare….perchè dovrete farlo voi.
Nell’esperienza del nostro macellaio possiamo riconoscere tre fasi:

1) Inizio: egli vede solo un alce
2) Lavoro: egli vede una cosa da lavorare
3) Maturità: egli vede un alce e lavora automaticamente, con semplicità ed efficacia.

Queste stesse tre fasi noi possiamo riconoscerle anche nell’esperienza di studio di un artista marziale. Lo sapeva bene Bruce Lee quando nei suoi appunti privati chiamava così queste tre fasi:

1) Ignoranza: per il novello praticante un pugno è solo un pugno, e serve a far male
2) Sistematizzazione: dopo un certo periodo di pratica egli si immerge in un sistema, ciò che noi chiamiamo anche Stile. Hung gar kuen sarà il sistema usato da tigre e gru in combattimento, Tanglang quan sarà quello usato dalla mantide. Ma si intende anche proprio l’arte in toto: il Kung Fu Tradizionale sarà un sistema diverso dal Karate, dal Krav Maga o dal Systema russo (il cui nome è infatti tale). Per il praticante un pugno è ora qualcosa da studiare e lavorare meticolosamente: come chiudere le dita, le falangi, come allineare il polso con il braccio, come gestire l’impatto e il percorso, frustare o spingere, chiuso o un po’ aperto, spaccare o colpire in alcuni punti vitali.
3) Trascendenza: nel momento in cui l’arte matura nel praticante fino ad un certo livello, egli va oltre il sistema, lo trascende. Si rende conto di aver automatizzato il tutto, che il suo corpo si muove da solo, si è adattato alla sua nuova modalità d’espressione del movimento. E questo sempre: alla fermata dell’autobus tiene il peso dietro o avanti a seconda di come lo concepisce il sistema allenato per anni; di fronte a un tipo sospetto sta guardingo e con le braccia pronte, alte in quella che chiamiamo una “guardia nascosta”. Per la sua mente un pugno è di nuovo solo un pugno, un calcio è di nuovo solo un calcio. E serve per far male per non farsi far male.

Adesso però io personalmente riconosco un problema. La maggior parte dei sistemi di arti marziali si fermano alla fase 2. Alcuni in maniera maniacale, perfetta: conoscono ogni sfaccettatura del proprio stile, ne sono vere e proprie enciclopedie viventi. Il pugno dell’ Hung gar kuen è diverso da quello del Tong bei quan perché diverso è il sistema in cui esso viene interpretato.
Sono questi i Maestri con la M maiuscola, le scuole accreditate dove si respira veramente aria di arte cinese. Tuttavia, per definire un’arte anche “marziale” bisogna andare alla fase 3. E se si può anche oltre, dato che non si smette mai di evolvere.
Evolvere, ancora questo termine tanto caro a Kung Fu Life.
Le tre fasi dell’arte marziale ricordano ancora altri tre aspetti del percorso di un combattente.
Abbiamo tutti un istinto di sopravvivenza in quanto creature viventi in selezione naturale. Esso è però istintuale ed elementare, “risiede” nella nostra struttura atavica. A corna un cervo oppone corna, a stazza un leone marino spinge con la propria stazza. Con lo studio dell’arte si passa alla fase 2, in cui l’istinto viene lavorato cercando di adattarlo in modo che sia più funzionale ed efficace: uno studio che si avvale anche della coscienza. La fase 3 è quella in cui l’istinto si è adattato: è diventato un istinto evoluto. A corna non si oppongono corna ma si cede, a stazza non si spinge ma si lascia “svuotare” la forza dell’avversario in modo da usarla contro di lui attraverso un circolo di ascendenza chiaramente taoista.
Ecco, io credo che se ci fermiamo alla fase 2 saremo tutti degli ottimi depositari di una conoscenza millenaria. Qualcuno potrebbe anche avere l’aria di un artista. Ma per diventare autentici Artisti Marziali bisogna arrivare alla fase 3.
Dopotutto, uno storico dell’arte conosce molto bene i quadri, ma non sa dipingerli.

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