Atto primo. Anni ’90. Il Sanda è combattimento con KO. Pedana rialzata (lei tai), protezioni ben allacciate (guantoni, conchiglia, corpetto, paratibia, caschetto e paradenti) e due minuti per round senza andare troppo per il sottile. Arbitri e federazioni accettevano di buon grado il colpo secco, proprio perchè il KO era un elemento fondamentale del Sanda. Il circuito era un circuito di nicchia dove l’unico attore era probabilmente la FIWUK (Federazione Italiana Wushu Kung Fu).
Atto secondo. Anni 2000. Al Sanda si accosta il semi-sanda. Il KO nel semi-sanda è proibito. Non si può portare più di una tecnica alla volta al viso ed il contatto deve essere controllato. L’arbitro diventa più attento alla potenza dei colpi che al combattimento in se; addirittura mi è capitato di arbitrare incontri nei quali i miei colleghi giudici sostenevano che non era neanche il caso di colpire, ma la supremazia doveva (per regolamento) essere mostrata dall’intenzione senza contatto. Tuttavia, proprio grazie al minor impatto, il semi-sanda ottiene il suo successo: riducendo i rischi di contatto si aumenta il bacino di praticanti.
Atto terzo. Adesso. Il Sanda si rilancia come sport da combattimento selettivo eliminando i paratibia e tornando ad enfatizzare il KO come elemento importante della disciplina. Il semi-sanda accoglie oltre ai giovani atleti che si affacciano al mondo del combattimento, anche esperti lottatori che raggiunta un’età limite per il Sanda si cimentano in incontri di semi-sanda con i suddetti atleti novizi.
Le linee parallele del Sanda. Da una parte la voglia di affermarsi in un mondo dove discipline dure come l’MMA o la Thai Boxe acquistano sempre maggior popolarità, incrementando ovviamente introiti e fascino. Sull’altra riva del fiume l’obiettivo di aumentare il numero di praticanti e la conseguente esigenza di rendere il circuito del combattimento del Kung Fu maggiormente “praticabile”. Sullo sfondo la scenografia di discussioni sull’efficacia del Kung Fu come arte di combattimento e di difesa personale. Sono due linee parallele e come tali non si incontrano mai … ed è giusto sia così. Se si vuole affermare il Sanda come sport da combattimento che attira pubblico lo si deve rendere scenico e quindi combattivo, se lo si vuole alla portata di tutti è necessario renderlo soft.
Personalmente ritengo che il Sanda non sia uno sport per tutti, così come non lo sono l’MMA, la Thai Boxe, la Boxe e gli sport da combattimento che prevedono il KO. Sarebbe forse più opportuno investire risorse nella divulgazione del Kung Fu e del Sanda su tutto il territorio nazionale. Se aumentano i praticanti di Kung Fu e Sanda sarà maggiore il numero di atleti che desiderano cimentarsi nella disciplina del combattimento a contatto pieno e aumenterà il pubblico, innescando così un circolo di auto-mantenimento dell’arte.
Ma se pensiamo che agli ultimi campionati regionali FIWUK di Piemonte e Valle d’Aosta (ben due regioni) gli iscritti al torneo di Sanda erano … 1 solo …
2 risposte
Concordo nel dire che il Sanda come sport e il Kung Fu come disciplina non sono per tutti e forse varrebbe la pena investire risorse nella divulgazione. Magari accantonando divisioni e ricercando il successo comune piuttosto che quello personale. Facendo squadra.
Per quello che può servire, io – che amo visceralmente il Kung Fu – avevo seguito “Uniti per il Wushu” e ho realizzato questo video proprio a scopo divulgativo.