La leggenda, o forse una delle leggende, fa risalire la nascita del Kung Fu al sesto secolo dopo Cristo, con l’arrivo di Bodhidarma al tempio di Shaolin (intorno al 520 d.c.). Partendo dalla meditazione e dai principi del Buddismo quelli che erano metodi di perfezionamento mentale e spirituale si sono completati con “il lato fisico”, divenendo una vera e propria forma d’arte votata al combattimento.
La ferrea disciplina era la base dell’apprendimento e la ricerca della perfezione il valore aggiunto che ha trasformato i monaci Shaolin in combattenti d’eccellenza, al punto da essere ancora oggi ispirazione per i moderni kungfuisti.
Ispirazione estesa anche ai metodi di insegnamento ed al codice comportamentale. La cultura cinese infatti corre parallela con la storia marziale del paese portandosi dietro movenze, rituali e filosofia che disegnano i gesti e le parole all’interno e all’esterno del kwoon. Siamo abituati così a vedere maestri idolatrati che insegnano con poche parole e molti “incentivi fisici” e allievi in fila per colore di cintura ad impersonare sacre gerarchie.
È quello che potremmo definire il “Kung Fu di ieri“, ossia quello legato a doppio nodo alle tradizioni orientali e che per molto tempo dall’Oriente non è mai uscito, restando distante dalle palestre occidentali, complici la distanza logistica, quella culturale e la poca propensione dei cinesi a diffondere la loro arte.
Con l’evolversi dei tempi molte barriere sono state abbattute o sono cadute volontariamente e siamo entrati nell’era del “Kung Fu di oggi“. Ai nostri giorni i maestri stanno su piedistalli meno alti e gli allievi inseriscono il Kung Fu tra gli impegni quotidiani decisamente occidentali, portando sul tatami una mentalità che di orientale ha solo l’emulazione. Si sono dovuti adeguare anche i metodi di insegnamento, più vicini all’allenamento che all’addestramento.
Che la globalizzazione sia un bene o un male è opinione soggettiva, ma l’effetto non è stato solo la riduzione delle distanze tra est ed ovest, ma anche l’influenza reciproca delle culture. Ci sono ragazzi cinesi che guardano con desiderio verso occidente incrociando lo sguardo con quello di giovani occidentali che osservano ammirati il fascino dell’oriente antico, con tanto di emulazione da un lato e dall’altro.
Nel mondo del Kung Fu di oggi quindi troviamo praticanti occiedentali che vogliono ripercorrere i gesti solenni del Kung Fu cinese di ieri, nella convinzione che sia la via unica per vivere l’arte.
E il “Kung Fu di domani“?
Probabilmente cambieranno i cardini e con la continua pratica e l’evoluzione dei talenti anche il Kung Fu dovrà indossare un kimono più universale, adatto ad ogni occasione in ogni posto del mondo. I grandi maestri non saranno solo cinesi, saranno forse solo grandi maestri, indipendentemente dal taglio degli occhi. Se, grazie alle tecnologie, le distanze saranno sempre più infinitesimali avremo maggiori possibilità di confronto e di conseguente crescita e forse sarà più difficile affermarsi come guru del settore, dovendo fare i conti con i migliori atleti su piazza diventerà condizione necessaria e sufficiente il mettersi in gioco e dimostrare il proprio Kung Fu, proprio come si faceva in Cina … ieri.