Dopo la tragedia che ha visto il Maestro Aguilar scuotere Bilbao con alcuni colpi decisamente proibiti, alleggeriamo il clima di inizio settimana con un post che susciti qualche innocua curiosità. Kung Fu Life è una rivista che vuole distinguersi per un approccio poliedrico verso il Kung Fu, scomodando come avete spesso letto ambiti apparentemente del tutto avulsi da quello marziale. La filosofia, la scienza, l’arte, la storia ma anche il cinema, la musica ed il gossip, perché no. Oggi facciamo un piccolo tour andando a vedere un famoso esempio di come i fumetti e la loro trasposizione televisiva, i cartoons, abbiano trattato la nostra arte marziale.
Si era rapidamente citato, nel triste post di fine settimana scorsa sui cruenti fatti di Bilbao, il manga giapponese divenuto una famosissima serie televisiva degli anni 80 e 90 Hokuto No Ken, altrimenti detta Ken il guerriero. In una mondo devastato da una catastrofe nucleare, gli uomini sono regrediti ad uno stato di inciviltà e violenza tali da rendere pericolosa anche solo una passeggiata nel deserto.
«Chi mai fermerà la follia che nelle strade và?»
Ovviamente Ken, l’erede della divina Scuola di Hokuto, arte marziale delle più letali. Tipica per lo studio dei punti di pressione, argomento tanto famoso quanto dibattuto. È possibile uccidere un uomo con solo colpo, magari con la sola pressione di un dito nel punto giusto del suo corpo? Il famoso «Dim Mak» o in giapponese «Kyusho» è secondo gli hokutesi non solo possibile, ma mortale. Tale da far esplodere il malcapitato o immobilizzarlo per quanto tempo si vuole oppure fargli dire la verità, senza che possa mai mentire ad ogni vostra domanda. Similmente alla tecnica dei cinque passi con cui Beatrix Kiddo uccide Bill nel film di Tarantino, è possibile anche far morire di morte lenta e dolorosa un avversario nell’arco di tre giorni. È questa la fine che trova Rei, un grande guerriero amico di Kenshiro, il maestro dello stile dell’Uccello d’acqua di Nanto. La scuola di Nanto non si basa sui punti di pressione, ma su tecniche di palmo e di dita che letteralmente tagliano in mille pezzi l’avversario.
Movimenti ampi, circolari e aggraziati, verbalizzazioni eleganti, grandi salti e posture stilizzate: la scuola di Nanto ha sicuramente i tratti del Kung Fu del Nord. Oltre a Rei abbiamo anche altri cinque sacri guerrieri di Nanto: la nemesi di Ken, Shin dello stile dell’Aquila solitaria; il presuntuoso Yuda della Gru rossa; il cieco Shu dell’Airone bianco, il dittatore Souther della Stella del comando; la fidanzata di Ken, Julia dell’Amore materno. Oltre a queste due, nel manga trovano posto anche la Scuola imperiale di Gento, nata a protezione dell’imperatore, e l’Arcana arte di Hokuto, gemella malvagia dell’arte di cui è erede il protagonista Kenshiro. Erede scelto tra altri tre fratelli fortissimi: Jagger, malvagio ma meno pericoloso degli altri due, cioè Toki e Raoul. Il primo di buon cuore, tecnica sopraffina ma fini umanitari più che guerreschi. Logorato dalla malattia, non può ereditare il lascito del maestro Ryuken. Potrebbe forse farlo Raoul, principiale antagonista di Ken, con le sue temibili mire egemoniche.
La scuola di Hokuto è più simile agli stili del Sud: rapida, diretta, mille pugni a catena cortissimi, gomiti chiusi e posture stile Wing Chun o Jeet Kune Do. Questo in barba al fatto che Nanto sia la stella della Croce del Sud e Hokuto l’Orsa maggiore, probabilmente perché la bussola delle stelle non è sovrapponibile a quella inerente alla geografia terrestre.
Il primo Kenshiro deve chiaramente i suoi tratti al Bruce Lee di Enter the Dragon, a quel personaggio ben diverso dal Chen Jeh dei film di Hong Kong in cui Lee si lasciava andare anche a qualche siparietto comico. Ken ha infatti un’espressività tanto glaciale da far sembrare un clown il Clint Eastwood dagli occhi di ghiaccio dei film di Sergio Leone. Anche il secondo Ken non è precisamente un burlone, ma la sua capigliatura lo fa somigliare molto di più al Rocky di Stallone, che pure in Rocky III e in Rocky IV non era poi così espansivo.
Credo che, insieme ad altri, Hokuto No Ken sia un pezzo di storia dell’arte marziale in televisione proprio come lo furono i primi film di Lee. Un cartoon, un manga completamente pervaso di Kung Fu e cultura del combattimento orientale, con colpi mortali dai nomi pittoreschi, valori morali volti alla difesa della vita e retaggi storici tradizionalissimi. La tecnica tipica di Hokuto che permette di imparare le tecniche degli avversari mentre ci si combatte ne farebbe poi l’arte marziale definitiva: come non sentire un riferimento al «non metodo come metodo», al «se non hai nessuno stile, puoi avere tutti gli stili» del Jeet Kune Do?
Attraverso le diverse serie, potremmo aggiungere le scuole Cao, Liu, Sun di Hokuto e la matriarca scuola Lunare di Seito, ma spero di aver suscitato nel lettore la curiosità di andar a guardarsi qualche anime o a leggere qualche manga per scoprire tutto da solo. O di aver fatto sorridere nostalgicamente chi, come me, fin da bambino conosce benissimo Kenshiro.
Il fascino del potere del Kung fu è palese, la sua leggenda è stata resa tale anche da serie del genere. Pensate che Spiderman, a causa di un inibitore del suo senso di ragno, non poteva più avvalersene per prevedere i pericoli un istante prima di poterne essere sopraffatto. Proiettili, nemici nascosti nell’ombra: tutto diventò così più pericoloso per Spidey perché i suoi riflessi non erano più così “previdenti”.
Sapete cosa ha pensato di fare Peter Parker per ovviare a questo limite, in attesa di un recupero del suo senso di ragno? È andato da un altro personaggio Marvel, anch’esso palesemente ispirato a Bruce Lee: Shang-chi, il Maestro del Kung fu, e si è fatto insegnare l’arte per poter combattere anche senza il senso di ragno.
E se davvero il Kung Fu fosse sostitutivo di un senso sovrumano che può anticipare ogni offesa o colpo avversario… no no, adesso non esageriamo. C’è il rischio che qualche sedicente maestro un po’ troppo mistico-energetico ci scriva un sonoro «te lo dicevo io». «Prima di allenare il ragno, dovrai allenare l’uomo», gli avrebbe risposto Shang-Chi, come disse a Peter Parker. Ovvero: il Kung Fu è cosa umana e non divina. Comunque, che faccia pure: a patto che alleghi una sua foto vestito da Spiderman.
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