Da quando Bruce Lee suggerí che non esiste un solo modo per fare bene una cosa, è passata molta acqua sotto i ponti delle arti marziali. Il problema è che non si tratta per nulla della stessa acqua del sovracitato <<be water, my friend>>. Il pensiero di Lee non è di certo esente da critiche, e prima o poi dedicheró un post o un articolo proprio agli anelli deboli della filosofia leeiana del combattimento. Sotto la falce critica vorrei porre adesso, invece, una tipica mentalitá di quasi tutte le scuole di Jeet Kune Do. Mentalitá che reputo un grande fraintendimento del pensiero di Bruce Lee.
Prima di affrontare nel merito la questione, ha senso riassumere brevemente la filosofia del Jeet Kune Do. Ritengo quest´ultima abbastanza complessa e caratterizzata da molti aspetti. Tralascio qui quello inerente alla libertá di essere sé stessi mentre ci si esprime onestamente nell´arte del combattimento, ovvero il lato piú esistenziale e "spirituale" della questione. Mi focalizzeró sugli aspetti immediatamente piú tecnici.
Il Jeet Kune Do nasce come risposta al fatto che uno stile di Kung Fu diventa spesso un sistema chiuso, capace insomma di adattarsi soltanto a determinati tipi di combattimento. Lo definisco <<sistema chiuso>> perché quasi sempre l’adattamento avviene contro solo due tipi di avversario.
1) Un aggressore senza strategia: porta un colpo singolo, prevedibile, lento, telegrafato e lo fa mentre non mantiene alcuna protezione. Incarna l’idea che la tradizione ha maturato di aggressore da strada, costruendolo però attraverso troppa attenzione all’applicazione delle forme e poca alla reale dinamica sociale che potete benissimo osservare da voi su youtube. Non dovete però cercare video inerenti alle arti marziali: cercate piuttosto risse varie, scontri tra tifoserie allo stadio o scippi e rapine e capirete di cosa parlo.
Il sistema della tradizione è "chiuso" perché non lascia entrare le variabili esterne che sarebbero veicolate da aggressori del genere. È chiuso perché consente all’avversario mosse e tecniche presenti solo nella propria idea di difesa personale.
2) Un aggressore endogamico: termine apparentemente difficile, ma se siete praticanti di Wing Chun, Sanda, Karate (Kumitè) o qualsiasi sport da combattimento non farete fatica a capirlo. Nel suo bestseller dell’etnologia Le strutture elementari della parentela Claude Lèvi-Strauss definisce <<endogamia>> (dal greco antico ἔνδον <<dentro>> e γάμος, <<matrimonio>>) come quella <<formula, in apparenza positiva, dell’obbligo di sposarsi all’interno di un gruppo definito da certi caratteri concreti (nome, lingua, razza, religione, ecc.), [che] in realtà è semplicemente l’espressione di un limite, socialmente condizionato, della capacità di generalizzazione>>. (Lèvi-Strauss 2003, p. 94). Significa che puoi sposarti solo con una persona della tua stessa tribù, gruppo etnico o addirittura famiglia.
Il termine è stato adattato alle arti marziali da Sifu Victor Gutierrez, maestro di Wing Tsun e fondatore del sistema Wing Fight Revolution (Gutierrez 2006). Secondo Gutierrez i sistemi tradizionali di Wing Chun soffrirebbero di endogamia tecnica perché si sarebbero sviluppati per gestire un aggressore che usa un sistema identico a quello di chi si difende. È evidente, dicevo prima, in due combattenti che si scontrano nel Sanda, nel Kumitè del Karate o nel Chi Sao del Wing Chun. Questo "matrimonio tecnico endogamico" ha come conseguenza un’incapacità di base di gestire un combattente troppo diverso dalle proprie aspettative: tipico esempio ne è il Wing Chun-man che fatica a difendersi da un pugile.
Il Wing Fight Revolution di Gutierrez, l’EBMAS di Emin Boztepe, l’Infinity Martial System (IMS) di Giuseppe De Rosa, il WingTai di Mark Stas nascono proprio in seguito alle stesse precedenti considerazioni che diedero origine al progetto del Jeet Kune Do di Bruce Lee: allargare gli orizzonti della difesa personale e del combattimento non regolamentato per gestire una più vasta gamma di combattenti. Per farlo devono, naturalmente, attingere a discipline diverse da quella sulla quale si basano. Non più solo Wing Chun, quindi, ma via libera allo studio della Boxe, Muay Thai, Kickboxing, MMA, Brazilian Jujitsu e qualsiasi altra disciplina possa apportare miglioramento.
È proprio qui che, a mio avviso, avviene l’inghippo che genera l’errore di cui soffrono molte discipline basate sul pensiero interdisciplinare che caratterizza il Jeet Kune Do: si studiano le diverse arti marziali facendone una somma matematica il cui risultato sarebbe poi la propria. In pratica: quando faccio Boxe, studio come un pugile; quando faccio Muay Thai, studio come un thaiboxer, quando faccio MMA, studio come un lottatore. Questo può aver senso se devo imparare quali potrebbero essere le strategie contro cui adattarmi nel caso in cui dovessi avere a che fare con combattenti del genere, ma se penso di studiare queste arti in questo modo con l’obiettivo di integrarle nella mia arte marziale compio un grave errore.
Perché dico questo? Perché studierei senza obiettivo. Lo dimentico, distratto da quello che queste discipline hanno, ognuna per conto loro. Quando faccio Boxe, mi alleno come se avessi l’obiettivo della Boxe: combattere su un ring con quelle regole specifiche. Idem con gli esempi della Muay Thai o dell´MMA. È metodologicamente sbagliato perché l’obiettivo del Jeet Kune Do è il combattimento non regolamentato, la difesa personale che sta fuori dal contesto sportivo. Non posso allenarmi come se gli spazi che dovrò gestire fossero un ring o una gabbia. Non posso farlo come se la mia performance reale fosse armata di guantoni. Ma soprattutto: non posso farlo come se poi le regole di quelle discipline valessero anche nella mia.
Un esempio principe: se studio Boxe non posso farlo come se i calci non esistessero. Se studio Muay Thai non posso farlo a gambe aperte, come se nessuno potesse colpirmi ai genitali. Se faccio MMA, non posso cercare il combattimento a terra dimenticandomi che potrei avere a che fare con asfalto, strade, auto, gradini, eventuali complici del mio aggressore che approfitterebbero della mia posizione al suolo per colpirmi violentemente mentre cerco una leva al braccio del loro compagno.
Se dimentico il reale obiettivo del Jeet Kune Do, comincio insomma ad allenarmi come se studiassi mezzora in palestre diverse: una di Boxe, una di Muay Thai, una di MMA, una di Wing Chun etc. Quello che dovrei fare, invece, per restare in linea con l’originaria filosofia di Lee è allenarmi e imparare dagli altri tenendo però ben fermo in mente il mio obiettivo: il combattimento senza regole. Imparerò ad usare le braccia come un pugile, quindi, ma cercherò di farlo senza aprire le gambe. Non importa se perderò in stabilità o potenza: bisogna fare delle scelte, ed è indubbio che se vengo raggiunto troppo facilmente da un calcio ai genitali saranno inutili tutti i miei devastanti ganci e montanti. Massimizzerò il mio uso delle braccia ma senza sacrificare le protezioni e gli equilibri che la strada mi costringe a tenere.
Il Jeet Kune Do non è una somma matematica di altre discipline, ma possiede un’identità propria che va ben al di là. Il punto è sempre quello: rincorre un obiettivo diverso. È quindi una qualità emergente, ovvero qualcosa che vive di vita propria. Come una sinfonia non è solo una somma di note o un quadro una somma di colori: è un’arte, e come tale va considerata.
BIBLIOGRAFIA MINIMA:
– Gutierrez, Victor, The Wing Revolution, Budo International Magazine N° 62, 2006.
– Lèvi-Strauss, Claude, Le strutture elementari della parentela, Feltrinelli, Milano, 2003.
10 risposte
Non sono concordo per l’endogamia tecnica nel sanda (mentre è sicuramente vero per il wing chun e il karate-sport). Nel sanda si pratica boxe, kickboxing e lotta, a buoni livelli può vedersela tranquillamente con la muay thai (come infatti spesso succede tra i professionisti).
Non sono d’accordo*
La fretta di scrivere…
Il jeet kune do non ha fretta
complimenti per l’analisi
Il jkd si divide in 2 dalla morte di Bruce Lee ed uno dei suoi allievi crea il Concept.
Jeet kune do Original (Bruce lee)
Jeet kune do Concept(Daninosanto maestro kali allievo di bruce lee)
L’original e’l’insieme (scherma,boxe,wing chun,calci di takendoo,savate,prese di judo)
Il Concept si mischia un po’di tutto e si arriva ad una specie di MMA.
Cmq solo chi pratica il jkd conosce bene le differenze tramite il proprio maestro competente che ha un buon legnaggio.
Il problema è che il risultato del Jeet Kune Do è che ognuno lo ha fatto proprio mescolandoci sempre più roba diversa da altri stili, con il risultato che ogni insegnante di JTD tendenzialmente insegna un JTD diverso da ogni altro.. Ma non ci si sofferma sui principi. I principi sono il valore fondante, quello che forse Lee voleva far capire ma che nessuno ha inteso.. Un valore preso dal sistema Wing Chun, che tra l’altro Bruce Lee non ha nemmeno completato perché Yip Man aveva deciso di non dargli più lezioni. Col risultato che ha sviluppato uno stile sulla base di un’arte con conoscenze incomplete e dove probabilmente le lacune sono state riempite con conclusioni probabilmente sbagliate (perché diciamolo, il WC è passato di mano per 400 anni a una quantità enorme di maestri e solo in questo modo e in questo tempo è arrivato al suo apice con Yip Man, per riempire nel modo giusto le lacune di qualcosa che è stato perfezionato in 400 anni ci vuole come minimo un miracolo).. E il WC è erroneamente visto come una disciplina che insegna in un certo modo e con cui si affronta un avversario “endogamico”, poiché molti per ignoranza (e poi fanno affermazioni discutibili senza avere tutte le informazioni del caso) non guardano aldilà di quella che è la preparazione del Wing Chun, come la chi sao.. E gutierrez è una capra davvero perché da praticante del WC non mi sognerei mai di affrontare qualcuno facendo Chi Sao, la chi sao è semplicemente uno studio, una fase quasi di gioco dove si apprendono molti principi che poi si applicano al combattimento libero. Il Wing Chun, quello vero.. è un lungo e lento percorso per scremare il corpo e la mente da tutto ciò che di inutile ci trasciniamo dietro nella vita, come tensioni, pensieri futili.. è un connubio tra stile interno e esterno e allena tra le altre cose a affrontare una situazione di “rissa da strada” una situazione vera.. Di fatto il paragone tra WC e Pugilato è stupida perché nello sparring reale il WC ha qualche punto in comune con la boxe.. Non a caso viene anche chiamato da alcuni boxe cinese. La morale è che se non si ha una conoscenza effettiva, reale, che vada aldilà di ciò che si vede superficialmente non si dovrebbero dare opinioni o giudizi, si finisce per dire cose non vere e fare cattiva propaganda.. è così nelle arti marziali, è così nella vita ed è così con le persone
Ciao Mark, dunque per come la vedo io difesa personale è un termine che lascia spazio a non pochi equivoci e che spesso è soltanto una pia illusione. In merito alla tua interessantissima(come sempre d’altronde) disamina, non posso fare altro che concordare, aggiungendo una mia piccola riflessione: spesso si confonde la completezza di un sistema con la sua efficacia e così si finisce per mischiare tutto e fare confusione sia tra gli allievi, sia tra i maestri. Un saluto!
Io non voglio sminuire nessun artista marziale, però quando è stato inventato il wing chun dalla monaca Sciaolin e lo ha provato con tutti gli stili che c’erano nel monastero e fuori dal monastero senza regole senza limiti di peso e non è stata mai battuta in tutte le situazioni della vita di allora che venivano uccisi derubati pestati per strada ,ditemi voi se questo stile e limitato solo con combattenti dello stesso stile. Ed è così anche per gli altri stili. Finite il percorso della vostra arte studiate ancora e fatelo vostro
E vero che il jeet kune do non ha un preciso regolamdnto ma intanto quando sei per strada tu difendi meglio se sai unire piu artimaeziali perche iil tuo aggressore non sapra mai con che mossa entrerai e di conseguenza non si potrà difendere
Salve…pratico il wc tradizionale da 9 anni e sto studiando ancora la terza forma…due passi avanti e uno indietro…senza fretta e senza obbiettivi…anzi l’unico obbiettivo per me è mantenere elasticità e riflessi sempre scevri da blocchi mentali che, trovo essere il vero parassita della difesa personale…il blocco mentale può essere condizionato da un fattore esterno (ambientale, confronti di stile, regole di combattimento e, in primis, la paura di arrecare danno serio con conseguenze legali inerenti la pratica di discipline marziali che ci vedono come praticanti delle armi con premeditazione…) e quelli interni ( sempre blocchi…) come la paura della morte propria o di chi ci troviamo a difendere…da qui l’errore nella difesa da un aggressore che non possiede tali blocchi, il quale compito principale si evolve nell’abbatterti con ogni mezzo con la furia della rabbia e dell’orgoglio personale…con ogni mezzo.
Il punto è: tutte le arti in anticipo sul momento sono efficaci ma, con l’ inaspettato il cervello reagisce con un punto interrogativo (ognuno ha il suo…) dettato dalla prontezza di riflessi e dalla consapevolezza del momento…quindi mix di martial arts possono tramutarsi in sopravvivenza e adattamento con quello che ci circonda….quindi l’errore al quale si fa riferimento risiede nella istintivita’ che è nascosta nella umanizzazione civile…per semplificare: un gatto non si chiede chi incontra quando si sveglia, ma è pronto a scattare in difesa offesa e fuga…grazie a tutti per la filosofica pazienza. Pace e bene e poco ego malato