Ip Man ed il Wing Chun di Rocky Balboa

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Ip Man e Rocky BalboaLa passione tarantiniana per il cinema orientale delle arti marziali ha dato origine all´abitudine del buon Quentin di citare continuamente film del passato nelle sue pellicole. La tutina gialla di Uma Thurman in Kill Bill richiama chiaramente quella di Bruce Lee in Game of death, così come le maschere “Kato’s style” sono un chiaro omaggio alla serie The Green Hornet con cui Bruce si rese famoso sul piccolo schermo. Inoltre, ne L´uomo con i pugni di ferro il regista allievo di Tarantino cita anche Enter The Dragon: il combattimento finale tra l´eroe Zen Yi / X-Blade contro il suo malvagio fratello Silver Lion avviene in una stanza piena di specchi che confondono immagini e persone, realtà ed illusione. Potremmo avventurarci nell´ipotesi che, in un film in cui c’è un X-blade con artigli e lame retrattili e un uomo che a piacere cambia il suo corpo in metallo, si volesse omaggiare anche la saga cinematografica dedicata agli eroi Marvel X-Men. Ma Wolverine e Colosso restano comunque modelli di eroismo del tutto occidentale, anche se l´artigliato canadese ha spesso mostrato interessere e abilità nell´uso della Katana giapponese.

rocky 4 apollo dragoMa se noi sguazziamo alla grande negli omaggi a Bruce Lee e Shaolin, gli orientali cosa fanno? Per caso ci omaggiano? Si potrebbe rispondere di si, se considerate ad esempio il film Ip Man 2 con Donnie Yen. A mio avviso, però, quel film ha esagerato un po´ perché ha passato il confine esistente tra la citazione e il plagio, l’omaggio e la scopiazzatura. Di cosa? Del nostro Rocky IV.
Raccontiamo qualche pezzo del film. Il buon Ip Man lascia Foshan per trasferirsi ad Hong Kong, dove cerca di aprire la sua scuola di Wing Chun. Il problema è che per insegnare nella sua nuova città dovrà battere tutti i più abili maestri degli altri stili. Le dà senza troppi problemi al maestro di Baguazhang e a quello di Tanglang (o almeno così mi sembra), ma deve impegnarsi non poco per essere all’altezza del maestro di Hung Gar: il maestro Hung, appunto. Il combattimento finisce pari e i due diventano grandi amici.

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Ip Man ha quindi il permesso di aprire la sua scuola, ma i problemi sono tutt’altro che finiti. E, per la precisione, sono problemi occidentali. Gli europei arrivano ad Hong Kong e portano la loro “arte marziale”: il pugilato inglese. Il campione di questo sport si chiama Twister ed il nome dice tutto: un vero tornado. Alto e muscolosissimo, la sua potenza rivaleggia soltanto con la sua malvagità. Rozzo, grossolano, un vero bullo al servizio dei cervelli occidentali che lo hanno portato in Cina per fare strage di <<musi gialli>> e mostrare loro che il combattimento migliore non ha affatto gli occhi a mandorla. Lui è il braccio, ma la mente è Wallace, che rappresenta il tentativo inglese di colonizzare e schiavizzare Hong Kong.

La sfida ha subito luogo a causa degli insulti razzisti di Twister verso i marzialisti cinesi che mostrano una forma di Hung Gar: a quanto pare secondo lui quegli strani movimenti sono solo balletti coreografici in cui si urla senza senso. Chi raccoglie la sfida? Il maestro Hung, ovvio. Il combattimento ha luogo e Hung si dimostra così caparbio da lasciarci le penne a causa della potenza inaudita dei pugni del pugile. Non solo: tra un round e l’altro s’era capito bene che Hung fosse in pericolo di vita. E per evitare il disonore dell’arrendersi aveva fatto promettere all’amico Ip Man, al suo angolo, di non gettare la spugna. Hung muore, tra sequenze slow-motion dei pugni di Twister che fanno vibrare le guance del maestro di Hung Gar per poi scagliarlo a terra orizzontale come un tronco secco che cade.

Durante una conferenza stampa prende la parola Wallace e si scusa per l’incidente, che però è a suo avviso colpa dei cinesi che non avrebbero dovuto fare il passo più lungo della gamba: la boxe di Twister è troppo per il loro Kung Fu ed avrebbero dovuto capirlo prima. Ip Man non ci sta e decide di vendicare il suo amico, tra le minacce di Twister che gli dice che il risultato del loro incontro non sarà diverso da quello precedente. La moglie di Ip Man ha paura perché crede che questa volta, anche se Ip Man aveva finora menato mezza Foshan e mezza Hong Kong, il marito perderà.

Insomma, ci mancava che piazzassero Donnie Yen in una carrozza a cavalli e lo facessero viaggiare solitario e sovrappensiero sulle note di una No easy way out versione mandolini e arpe, con immagini in slow-motion dove non si capisce se ad andare al tappeto è Apollo/Hung oppure Rocky/Ip. Sarebbe stato peggio di sentire Twister sussurrare a Ip Man &lt,<Ti spiezo in due>>.

Il primo incontro finito pari tra Apollo Creed e Rocky Balboa. I due che diventano grandi amici. La morte di Apollo avvenuta durante un incontro con uno straniero proveniente dalla Russia e portatore di un pugilato devastante e innovativo, che <<Qualsiasi cosa lui colpisce, lui la distrugge>>. Quella spugna che Apollo chiede a Rocky di non buttare anche se ha capito che forse presentarsi con Livin’ in America di James Brown e ballerine al seguito è stato un azzardo. La verve razzista dei russi americanofobi, la vendetta di Rocky non compresa da una moglie che questa volta non si fida delle sue abilità.

E poi la chicca: la morale finale. Il razzismo non è cosa buona perché gli uomini sono tutti uguali. Bisogna cambiare, guardarsi da uno stesso livello e non dall’alto in basso. Siamo tutti uguali ed è ora di capirlo: e se <<Io posso cambiare e voi potete cambiare, tutto il mondo può cambiare>>. Naturalmente tradotto in inglese da un traduttore munito di microfono in mezzo al ring perché gli spettatori russ…ehm, volevo dire: inglesi non capivano nulla di cinese.

Citazione o plagio? Per noi amanti del Kung Fu passa tutto in secondo piano davanti alle spettacolari sequenze marziali e al fatto che il film tratti di un maestro che ha profondamente influito sull’arrivo del Kung Fu in occidente. Però, sapete, quella storia del parmigiano cinese proprio non riesco a non farmela venire in mente.

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