Insegnare ai bambini – L´educazione sul tappeto

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Insegnare Kung Fu ai bambini. L'educazione sul tappeto

Nel primo post di questa serie dedicata ai bambini si parlava del modo con cui un praticante di Kung Fu, grande o piccolo che sia, deve approciarsi alla lezione e delle tre qualità fondamentali di cui deve munirsi, rispetto, puntualità e controllo.
Per un adulto solitamente sono tutte e tre facilmente riscontrabili, primo perchè la decisione di seguire un corso di arti marziali è stata sicuramente presa in modo autonomo e ragionato, quindi c’è interesse nel seguire con attenzione qualcosa che si è scelto di fare; secondo perchè la quotidianità della vita, sia lavorativa sia sociale, fa sì che queste siano caratteristiche quasi imprescindibili.
Per i bambini non è così scontato ma dipende molto dal tipo di input che ricevono dai loro genitori oltre che dalle peculiarità caratteriali di ciascuno.
Spesso, erroneamente, il tappeto dove si svolgono le lezioni è visto un po’ come una sorta di “parcheggio” per i figli, per tenerli impegnati per qualche ora a settimana e fargli fare un po’ di attività fisica.
Bisogna specificarlo: le arti marziali non sono per tutti.
Che non vuol dire che c’è una selezione e se non si hanno determinate doti fisiche non si è ammessi al corso, significa che non tutti sono adatti al tipo di impegno che richiede la pratica del Kung Fu.
Abbiamo visto che richiede un po’ di sacrifici (ma quale attività presa sul serio non ne richiede?) e un certo impegno fisico, crescente man mano che si percorre il proprio cammino marziale.
Ma richiede anche l’educazione.

Insegnare ai bambini. L'educazione sul tappetoL’educazione racchiude tutti e tre i concetti espressi, controllo, rispetto e puntualità.
Dal momento stesso in cui si sale sul tappeto, facendo l’inchino come gesto di rispetto per il luogo dove avverrà l’allenamento, inizia a rendersi più o meno evidente l’educazione dei singoli bambini.
Si possono far ricadere sotto questo termine molteplici aspetti della relazione che ogni bambino ha con il luogo, con i compagni e il maestro con cui impara.
Il modo con cui tratta l’attrezzatura con cui lavora, il modo in cui si presenta sul tappeto, col kimono o senza, le condizioni del kimono stesso, il modo in cui si atteggia con i compagni, che siano considerati amici o reputati poco simpatici, dello stesso livello o di livello superiore o inferiore, l’importanza che viene data alle parole dell’allenatore, il modo stesso con cui gli si rivolge.
Ma anche bambini educati nella vita di tutti i giorni diventano ingestibili e scatenti non appena sentono il tatami sotto le loro scarpette.… E un po’ c’è da capirli, in un luogo dove si impara a lavorare con calci, pugni, si apprende come difendersi e attaccare e si impara ad esibire le proprie capacità fisiche la compostezza sembra debba necessariamente venire meno.
Attenzione però: per imparare bisogna saper prestare attenzione.
Personalmente non trovo molto corretto che ad un istruttore di Kung Fu si attribuisca anche il ruolo di “educatore”, per quello ritengo siano più indicati i genitori, però a mali estremi estremi rimedi, come si dice!
Quindi dalla prima lezione è bene sottolineare alcuni comportamenti accettabili e alcuni proibiti.

Insegnare Kung Fu ai bambini. L'educazione sul tappetoDopodiché a seconda dell’entità del disturbo che i bambini creano si possono scegliere diverse strade per gestirne il comportamento.
Spesso è più che sufficiente qualche richiamo, se il bambino chiamato in causa è ben disposto non ci sarà bisogno di ulteriori interventi.
A volte anche utilizzare la tecnica del “premio” finale può far ritornare un clima di tranquillità, ad esempio tenendo gli ultimi 5 minuti di lezione come breve spazio di defaticamento e divertimento con qualche gioco ad hoc, ovviamente a patto che tutto il resto della lezione sia dedicato ad un lavoro ben fatto.
Se nessuna delle due strade sembra avere buon esito allora bisogna andare a mirare su qualche esercizio che sia allo stesso tempo funzionale all’allenamento ma che possa essere interpretato come una punizione per un comportamento scorretto magari ripetuto.
Esempio classico: la mabu!
Mantenere una mabu ben fatta per un certo intervallo di tempo solitamente è visto da grandi e piccoli come una tortura. Ma allo stesso tempo si tratta di un lavoro di resistenza che può essere positivo per l’allenamento ed educativo al tempo stesso.
Ultima spiaggia, parlare con i genitori dell’interessato/a. Ma badate, quando un bambino è particolarmente poco educato è molto probabile che vi stiate rivolgendo alla causa stessa del suo comportamento errato.

3 risposte

  1. sono d’accordo sui principi, ma non sui metodi. faccio l’insegnante anche di kung fu e credo che un maestro debba essere anche un educatore. inoltre non mi piace e non lo ritengo giusto usare delle tecniche importanti, come il mabu, come punizione. infine i bambini devono imparare tutto attraverso il gioco nel rispetto delle regole ovviamente , e non giocare solo gli ultimi minuti della lezione…il gioco e’ una cosa seria 🙂
    grazie
    alessandra

    1. Sono d’accordo sul fatto che il gioco sia uno strumento fondamentale alla crescita. Credo che nel post Chiara intendesse dire che l’insegnante di Kung Fu vedendo i bimbi magari solo 2 ore a settimana non può sostituirsi ad una figura d’educatore, ma penso che tu abbia pienamente ragione sul fatto che per forza di cose anche l’insegnante di Kung Fu debba essere un educatore.
      Per quanto riguarda le posizioni come punizione penso si riferisse a quei casi in cui altri metodi non servono … si può provare anche quello … in fondo coi bimbi non c’è mai nulla di scontato 🙂

  2. Alessandra, prima di tutto ti ringrazio per il tuo commento, per noi della redazione i commenti dei lettori sono sempre spunti importanti di riflessione 😉
    Sul ruolo dell’educatore sono piuttosto scettica, e ti spiego le mie ragioni: mi è capitato, e tutt’ora mi capita, di ritrovarmi a dover “insegnare” io ai miei piccoli allievi delle regole basilari di educazione, e come anticipava Cristian io vedo i miei ragazzi solo 2 ore a settimana! E quando mi capitare di commentare il comportamento dei figli ai genitori li vedo quasi compiaciuti delle gesta non sempre corrette dei bambini, o al contrario un po’ succubi dei figli stessi.
    Ovviamente la nostra parte in quanto istruttori è insegnare, con tutto quello che implica la parola “insegnare”, però la figura dell’educatore, sempre a mio avviso, si addice di più se vogliamo ad un insegnante di scuola, che segue i bambini tutti i giorni per più ore e solitamente per diversi anni.
    Usare poi i giochi per insegnare dipende anche molto dal metodo di insegnamento di ciascuno, senza contare che spesso i bambini prendono per giochi anche esercizi che propriamente giochi non sono.
    Certamente il tipo di allenamento che riserviamo ai nostri allievi è un po’ frutto dell’allenamento che abbiam seguito a nostra volta 🙂

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