Di Mark Bonifati
Avete mai imparato qualcosa di un’arte marziale guardando un video? L’argomento lascia abbastanza perplessi, lo ammetto. Quando ero studente del Maestro Zanetti a Bologna ricordo che i maestri che “avevano imparato in video” erano considerati “insufficienti”. Effettivamente una disciplina “corporea” non può essere imparata da un video, il movimento è vivo, va “sentito” e non solo “imitato”. Dopo vari anni di pratica mi trovo adesso ad insegnare, e questo costringe a porre alcune questioni.
1) Sentire il movimento non è imitarlo. L’apprendimento per imitazione è uno degli strumenti vincenti di una specie nella lotta per la vita dell’evoluzione. Imparare da un video significa esattamente imitare un movimento. Immaginando di avere un campo visivo che coincida perfettamente con quello dello schermo su cui proiettatiamo il video, la percezione sarebbe identica. Le neuroscienze ci dicono che l’apprendimento per mezzo dei neuroni mirror è uno dei più efficienti e toccherebbe il suo apice quando noi vediamo noi stessi eseguire un movimento: il nostro corpo corregge le imperfezioni percependo sé stesso visivamente. Filmarsi e riguardarsi è quindi simile ad un apprendimento per imitazione.
2) Non c’è il Maestro. Verissimo. Un amico Maestro di Karate e Ju Jitsu mi diceva sempre «Chi non ha un maestro è destinato a brancolare nel buio». Gli stili di kung fu hanno però molte forme che differiscono soltanto per la sequenza, i movimenti sono sempre quelli. Quindi se un praticante è padrone dei principi dello stile non vedo perché farsi tutti questi problemi se si studia una forma in video. Deve saperli per davvero, però, i principi…..
3) Piuttosto diffuso. Essere allievi di un cinese o studiare in Cina sono carte preziose che un maestro si gioca. «Io vado in Cina tutti gli anni, te invece te ne stai nel tuo kwoon e guardi i video». A volte però non si puntualizza cosa si è andati a fare in Cina: se sei andato solo sa mangiare riso e gamberi non vale mica. Molte discipline si avvalgono di video didattici, ma se uno non sa nemmeno toccare le corde di una chitarra è inutile che si metta di fronte a un video. I musicisti che conoscono però i principi del loro strumento imparano senza problemi. L’orientalismo del kung fu, disciplina purtroppo considerata a metà tra un’arte e un gioco, rende il tutto molto meno chiaro: le opinioni si trasformano in chiacchiere e ciò che conta è solo apparire.
4) Attenzione a cosa si impara. Questo è il punto di arrivo: imparare da un video, ma COSA ? Passi le forme, ma le applicazioni? No perché non c’è il contatto. Ma ancora: se conosco i principi si tratta solo di variare le tecniche secondo essi. Da un video non si possono imparare sensibilità, fluidità e pressione. Ma queste non sono applicazioni: sono principi e in quanto tali sono vivi.
Imparare in video è quindi possibile, ma a certe condizioni.
1) Esperienza e conoscenza già notevolmente consolidata dei principi
2) Onestà e riconoscimento di cosa si può pretendere e cosa no da uno studio del genere
3) Si imparano forme e applicazioni, ma non i principi
Non solo: direi che è anche parecchio utile. In primis perché così quando si incontra il Maestro si lavora sulle cose veramente importanti — i principi, appunto — e non sulla sterile sequenza. Secondo, perché filmarsi per riguardarsi e correggersi è una delle cose più efficaci per migliorare. Si apre qui un discorso parecchio interessante: se il video non è “vivo” non c’è uno apprendimento dinamico dei principi. Ma se le forme e le applicazioni possono essere imparate, allora nemmeno in esse di per sé ci sono principi vivi. Ne consegue che i principi sono qualcosa di più sia delle forme sia delle applicazioni: lo studio allora non è affatto finito quando arriviamo alla messa in pratica delle tecniche. Non c’è ancora la vitalità del combattimento totale. Se il principio non è saldo, non c’è niente, in realtà.
PS. Per i fanatici di Bruce Lee: imparare dai film non c’entra nulla.
Una risposta