Qualche giorno fa stavo guidando per recarmi al lavoro, quando su Radio 2 Lillo e Greg, se non sbaglio durante il loro programma pomeridiano 610, passano un recente singolo del trio artistico Fabi Silvestri Gazzé. Il titolo é Come mi pare, brano che insieme a L´amore non esiste e Life is sweet si pone come cavallo di battaglia del loro nuovo album Il padrone della festa. Bell´album devo dire, soprattutto perché si nota nelle diverse canzoni lo stile tipico di ognuno dei tre. A volte anche contemporaneamente, e questo effetto di “uno e trino” é molto più interessante della Trinità Divina che alcuni Maestri rivendicano per sé stessi.
Quindi Kung Fu Life è diventato una rubrica di Rolling Stone? No: è solo che il testo di Come mi pare sembra tratto dal Tao Té Ching! Leggiamo:
Chi vuole scrivere impari prima a leggere
chi vuole suonare prima deve imparare ad ascoltare
chi vuole ridere impari prima a piangere
chi vuol capire prima deve riuscire a domandare
chi vuole vincere impari prima a perdere
chi vuol tenere prima deve sapere cosa lasciare
chi vuole insistere impari prima a cedere
chi vuole amare prima deve imparare a rinunciare
io so inventare so improvvisare
senza regole ne strutture
faccio come mi pare
come mi pare
so immaginare una storia intera senza solo una parola vera
faccio come mi pare
come mi pare
sono libero ed incosciente
quindi posso serenamente fare come mi pare
è come spingere una vela controvento
memorizzare le parole e non il senso
saltare subito alla fine del romanzo
non è talento anzi è un inganno anche lo spazio di un momento avrà
ho perso tempo e lo perdo ancora
esco di casa soltanto all’ora in cui devo arrivare
quando mi pare
sono libero ed incosciente
quindi posso serenamente fare
proprio come mi pare
chi vuole scrivere impari prima a leggere
chi vuol suonare prima deve imparare ad ascoltare
chi vuole ridere impari prima a piangere
chi vuole finire deve ricominciare
chi vuole vincere impari prima a perdere
chi vuol tenere prima deve sapere cosa lasciare
chi vuole insistere impari prima a cedere
chi vuole amare prima deve imparare a rinunciare
Se siete dei buoni conoscitori degli scritti di Lao Tzu, avrete già notato le somiglianze. Se non lo siete, potete consultare la rubrica di Kung Fu Life sul Tao Té Ching, in cui Cristian Gosti ha esaminato ogni capitolo della nostra opera preferita della filosofia orientale. In particolare, questo qui.
Il gioco dei contrari è ben evidente: se vuoi comprendere la vittoria devi prima esperire la sconfitta, se vuoi tenere devi prima lasciare, se vuoi sapere cosa vuol dire ridere devi prima comprendere cosa significhi piangere. E poi, signori, soprattutto voi del Wing Chun, una vera chicca e pane per i nostri denti: <<Chi vuole insistere impari prima a cedere>>. Musica per le nostre orecchie! E sia in che fuor di metafora, stavolta: per essere forti bisogna prima liberarsi della propria forza, che per gestire la forza bisogna cederle. Usare quella dell’avversario. Bravi Fabi Silvestri Gazzé, i “tre moschettieri”, come si fanno a volte chiamare i tre artisti. Già mi piacevano prima, quando ognuno si faceva la propria musica. Adesso, tutti e tre, fanno i tre moschettieri e in Come mi pare fanno fare a Lao Tzu il D’Artagnan.
Parentesi: questa storia dei tre moschettieri e di D’Artagnan non c’entra nulla stavolta con il Choy Li Fut di Chan Heung, come fu tempo fa in un articolo su Kung Fu Life Magazine numero 7. Però una cosa in comune ce l’hanno: come le tre fonti del fondatore del Choy Li Fut, Fabi Silverti Gazzé sono tre eroi. Se uno mi desse dell’eroe, sarei solo molto contento e lusingato. Potrei non capire che un paragone con D’Artagnan è una cosa lodevole? Manco fosse Mr. Bean. E parentesi chiusa.
C’è un altro pezzo che adoro, nella canzone dei tre moschettieri. Quando Gazzè, ironico, canta:
Io so inventare so improvvisare
senza regole ne strutture
faccio come mi pare
come mi pare
so immaginare una storia intera senza solo una parola vera
faccio come mi pare
come mi pare
sono libero ed incosciente
quindi posso serenamente fare come mi pare
Fantastico. Sembra di sentire quei praticanti di Jeet Kune Do che, visto che Bruce Lee ha detto che c’è lo stile del non stile e l’individuo vale più del sistema, allora uno ha uno stile tutto suo. È libero. Anche se non sa niente. Faccio Jeet Kune Do? Faccio come mi pare, quando mi pare perché l’arte è libertà, incoscienza, inventiva, creatività. I tre ragazzi della musica italiana intendevano probabilmente dire proprio questo: puoi essere artista solo se prima studi. Non basta fare l’alternativo libero pseudo-sessantottino, un hippie che è libero solo di essere schiavo della propria ignoranza, senza regole né strutture. Solo che qui ci torna utile il discorso dell’equilibrio tra gli opposti, perché concludere che quindi uno deve sempre stare zitto e ubbidire al maestro perché egli sa e l’allievo no è l’altro eccesso. Sarà vera l’una o l’altra? Hanno ragione quelli dell’arte libera espressione di sé o quelli dell’arte come studio rigoroso di canoni che solo un maestro può darti?
Chi vince? Il buon senso. Sono vere entrambe e quindi nessuna, se le considerate in assoluto. Relative l’una all’altra, non si tratta di scegliere ma di sapersi muovere in circolo virtuoso tra le due. Si, perché a Fabi Silverti Gazzè noi potremmo suggerire che se è vero che per imparare a ridere bisogna prima saper piangere, probabilmente è vero anche il contrario. Chi vuol tenere deve prima sapere cosa lasciare, ma è verissimo anche il contrario. E sapete perché? Perché le due azioni del “fare A” e “fare non-A” sono sincroniche: avvengono contemporaneamente. Quel “prima” di “chi vuole scrivere impari prima a leggere” non è inteso quindi in senso diacronico, temporalmente sequenziale. Significa che non puoi imparare A se contemporaneamente non sai cosa significa non-A. Se tutto il mondo fosse blu, non sapremmo per nulla concettualizzare il blu perché per farlo abbiamo bisogno di esperire cosa blu non è. Fossimo tutti maschi, non ci chiameremmo maschi perché non esisterebbero femmine che, per contro, ci permettono di pensarci come tali.
Se sai suonare e non sai ascoltare, quindi è male come se non sai ascoltare ma sai suonare. E tutto il resto uguale: se vuoi imparare a gestire la forza, a cedere, devi sapere anche come e quando usare la tua. Quindi, cari i miei Taiji men convinti che la morbidezza e l’energia sistemino tutto, non sono per niente d’accordo con voi. Bruce Lee, il nostro messaggero della filosofia della decostruzione dei sistemi, distingueva molto precisamente tra ignoranza e trascendenza. La prima è non avere forma, cioè non sapere niente. La seconda è avere una non-forma, ovvero ritrovare se stessi oltre il sistema. Ma non prima di esso e senza sapere un tubo. Ecco il nostro D’Artagnan.