Fu cosí che arrivo d´emblée un novizio
dal Maestro rivale di Serse, Caio e Tizio.
E dai tre quel giovane c´era giá stato
attendendo impaziente di conoscere l´arte
di predire con viscere, tazze caffé e carte
l´avvenire degli uomin che avrebber pagato.
<<Son fuggito, o Maestro, da quegli altri tre,
ché minuscoli eran in confronto a te.
Tu puoi ora insegnarmi le segrete cose
che nessuno conosce e uomo non sospetta,
fammi entrare, ora e dunque, in questa tua setta
ché una scuola normale giammai mi infuse>>.
Così egli parlò, e voltando ora gli occhi
un bel poco più in là, ben lontan dai tarocchi
sulla mano sinistra, la sinistra mano
di quell’uomo mefisto intorno al cui dito
si avvolgeva un anello, splendente ed ardito
così tanto bramato a parer tosto lontano.
<<Cosa guardi, o fanciullo? Ammiri il gingillo
del potere supremo, per il quale io brillo?
Per trovarli, domarli, ghermirli e in catene
basta solo un mio dito, il solo mio anello
non ne servono venti, come in quel ritornello
dei poemi di Mordor, il cui sangue ho in le vene>>.
<<Or lo bramo, o Maestro! Perché folle mi adiro
se all’istante non posso contemplar il suo giro
che mi avvolge già subito fra le sue spire
d’or tra Scilla, Cariddi e gli alchemici luoghi
per cui devi guidarmi, come fai co’ altri maghi
fammi quindi, ora e qui, il tuo anello ghermire>>.
<<Tutto e subito vuoi, insolente ragazzo
quasi peggio del piccolo e orribile pazzo
che si aggira per grotte, foreste e caverne
la cui vita è segnata, perduta per sempre
dietro un falso tesoro di fattezze ambree.
Ora questo già chiedi? Dico no: non puoi averne>>.
<<Lo sapevo, maestro, sei uguale a quegli altri
che io prima dicevo: i buffoni più scaltri.
Non vuoi darmi il tesoro, la conoscenza
perchè temi esser tu, oramai poi ferito
a doverti avvinghirar intorno al mio dito
che brandisce l’anello, quando il tuo resta senza>>.
<<Tu pretendi di rendere il servo maestro
ma riveli soltanto che hai dentro un mostro.
La creatura peggiore, quella che ti divora
che costringe a richieder e mai, mai a dare
che sventra il rispetto davanti a un altare.
Presunzion è il suo nome ed essa è qui, ora>>
Il novizio fuggì, come prima da Serse,
Caio e Tizio, ora anche dall’uomo che terse
le rabbiose lacrime di chi vuole tutto
e però non si muove con la giusta azione
proprio come diceva la strana canzone
di Gordòn Calabrone e la sua polizia.