<<La mia scuola è la migliore: ha il maestro più bravo di tutta la Cina>>. È una frase che ho sentito durante un campionato italiano di Kung Fu Tradizionale. Una frase ridicola! Se non altro perché la dicono quasi tutti, cambiando qua e là qualche parola e rigirandosela così e colà. La sostanza è però la stessa: siamo i migliori perché studiamo con il migliore. E il migliore, si sa, è deve essere cinese.
Come al solito si tratta di riuscire ad andare un po´ più in là del mero gossip, troppo spesso mischiato con una spocchia veramente disarmante: cosa gli rispondi a uno che ti dice così? E soprattutto: se nello stesso giorno sono un sacco di persone a dirti questa incredibile fesseria? Sarò drastico ed estremo: non ci credo per niente. La problematica si può riassumere per diversi livelli:
I° : I cinesi sono i migliori a praticare il Kung Fu.
II° : Il motivo è che il Kung Fu è cinese.
III°: I cinesi hanno il Kung Fu nel sangue.
Così noi avremo concluso che come i brasiliani sono i migliori del calcio, i kenyani nella maratona e le russe nella ginnastica artistica, i cinesi sono i migliori nel Kung Fu. Eppure il miglior calciatore del mondo è argentino, noi italiani abbiamo avuto la medaglia d’oro olimpica per la maratona Stefano Baldini, le atlete cinesi sono delle ginnaste eccellenti. Invece nel Kung Fu è vera e propria riverenza, quando non una legge: i cinesi sono i migliori. Un naso che non va per nulla al di là del proprio palmo leggerà solo il primo livello del problema. Uno che sia poco più furbo arriverà al secondo. Un vero genio si avventurerà nel terzo.
Ma ce n’è un quarto, che dovrebbe rispondere alla domanda: perché i cinesi sarebbero più bravi?
È una domanda molto impegnativa e meriterebbe una trattazione ampia e complessa, per cui qui mi limito ad una riflessione per lo più generale. Quando si ha a che fare con questioni del genere si possono isolare un paio di elementi che possono contribuire a giustificare un’affermazione del genere. Si tratta poi di capire quale dia il contributo maggiore, se per caso non sia soltanto uno dei due quello veramente determinante o se magari siano da combinare in maniera diversa.
1. NATURA
Dire che i cinesi sono per natura più bravi nel Kung Fu significa scomodare la genetica. Non si tratta infatti di essere più o meno bravi, ma di essere “portati”. E da chi? Da qualcosa di con-naturato nel proprio DNA, nei propri geni. Proprio gli stessi che determinano se la plica epicantale sarà tale da rendere a mandorla i vostri occhi. La convinzione secondo cui alcune caratteristiche di un essere umano siano determinate geneticamente prende il nome di determinismo genetico. Esso ha riscosso notevole successo dal dopoguerra fino ad oggi a causa del fatto che è stato capace di spiegare diverse patologie ereditarie, come le malattie autosomiche dominanti. Per farla breve: se vostro padre e vostro nonno sono calvi, è molto probabile che sarete calvi esattamente come è probabile che vostro figlio possa somigliare a voi o al vostro partner. Ma già a questo livello puramente scientifico naturalistico sono stati avanzati dubbi da alcuni grandi nomi della ricerca. Cavalli-Sforza ha per esempio sostenuto che, contrariamente all’idea dawkinsiana del gene che tutto determina (Dawkins 2009), l’organismo può apprendere alcuni adattamenti all’ambiente e trasmetterli poi alla generazione successiva (Cavalli-Sforza 2012):
<<Le nostre attività, quindi, oppure agenti patogeni cui siamo esposti, o ciò che mangiamo, possono modificare il modo in cui lavorano le nostre cellule. I cambiamenti non incidono sulla sequenza di DNA, che rimane immutata, ma sono trasmessi alle cellule figlie insieme al DNA della cellula madre, quando questa si divide>>.
Un esempio: se venite da una famiglia di omoni robusti ma fate la fame per tutta la vita, forse vostro figlio erediterà anche la vostra gracilità perché non gli trasmetterete solo la genetica innata, ma anche “quella appresa”. Se quindi siete un cinese che vive in Uganda è possibile che non trasmettiate a vostro figlio il talento innato per il Wushu. Se siete un campione americano di Wushu, però, forse si.
2. CULTURA
Il determinismo culturale si oppone a quello genetico in contenuti ma non in forma: la differenza è cosa determina alcune caratteristiche, ma in comune hanno che esiste qualcosa di elettivamente determinante. In questo caso non si tratta dunque della natura, della genetica, ma della cultura. I brasiliani sono portati per il calcio perché esso fa parte della loro cultura e della loro storia. La situazione è decisamente più elastica perché non esclude a priori l’importanza dell’apprendimento: basta che nasciate in Brasile da genitori ugandesi e respirerete samba e pallone fin da subito. La cultura è di suo qualcosa che nel corso della storia si arricchisce di altro. Per esempio: andate spesso in pizzeria? Ingrediente tipico della pizza è la salsa di pomodoro. Ma i pomodori non esistevano in Europa prima del 1492 perché sono stati importati dall’America. La vecchia pizza napoletana era infatti condita semplicemente con olio e spezie. Lo stesso vale per il cacao, ingrediente principe della Sacher Torte austriaca. Se quindi non siete cinesi ma andate a vivere in Cina fin da piccoli, potrete respirare Kung Fu e quindi diventare dei grandi maestri senza avere gli occhi a mandorla.
Adesso: dove ci schieriamo? Da tempo si è capito che scegliere non è l’atteggiamento giusto, dato che la complessità del reale sopporta molto di più i metodi integrati dei sistemi complessi bio-psico-sociali dove genetica, individuo e cultura sono intrinsecamente legati e indivisibili. Questo ci potrebbe far concludere che il massimo sarebbe essere un cinese nato in Cina che vive in Cina: geneticamente portato e che respira Kung Fu dal primo all’ultimo respiro. Questo è esatto, anche se tutto sommato potremmo liberarci del peso del determinismo genetico dato che si possono trasmettere anche alcuni caratteri appresi.
Al mondo di oggi, però, le cose sono cambiate. Le culture, che non hanno il problema dello scarso adattamento perché di per sé plastiche e mutabili, si influenzano a vicenda. La pizza di Bologna o di Torino è spesso migliore di quella napoletana, anche se nessuno nega che essa sia di origine partenopea. Ma una cosa è il passato, un’altra è il presente. I confini geografici e culturali sono oramai del tutto virtuali a causa delle distanze annullate da aerei e treni superveloci. La conoscenza e le culture comunicano in tempo reale attraverso internet, i social network, youtube e skype. Gli italiani emigrano in America e aprono un ristorante, assumono dipendenti americani e insegnano loro la cucina italiana. Dopo 50 anni quel ristorante è gestito completamente da una famiglia statunitense ma il sapore della carbonara è meglio che in alcuni locali di Roma.
Il Kung Fu è di origine cinese e su questo non ci piove. Ma una cosa è il passato, un’altra il presente. La genetica ha allentato la sua presa deterministica e la cultura si è ibridizzata, le distanze culturali sono quasi scomparse. Non è più necessario essere un cinese in Cina e lo sarà sempre meno. Sono del tutto convinto che il Kung Fu sia in molte occasioni addirittura migliore all’estero che in Cina. Conosco molti maestri europei assolutamente superiori a molti cinesi. Quindi ottimismo: lasciamo quella ridicola frase con cui ho esordito alla stupida vanagloria degli eredi unicogeneti. Ciò che conta è allenarsi e stare sempre sulla cresta dell’onda. Una cosa è il passato, un’altra il presente. Ma un’altra ancora, è il futuro.
Fonti:
– Francesco e Luca Cavalli-Sforza, Quando l’apprendimento può essere trasmesso, articolo su Repubblica del 22/04/2012.
– Richard Dawkins: Il gene egoista, Milano, Mondadori 2009.
11 risposte
Bellissimo articolo!!
Aggiungerei anche l’illogicità di chi asserisce una frase del genere, se per essere bravi nel kung fu bisogna essere cinesi e tu non lo sei, perché lo pratichi???
Ho dimenticato di mettere i miei dati ^^
si può essere d’accordo nella sostanza ma un dubbio rimane: il calcio, la ginnastica e la maratona sono competizioni sportive e non sono stati inventati nei paesi che prendete come riferimento nell’esempio e nelle competizioni sportive i paesi del mondo si confrontano, vincono e si migliorano ma il kung fu nasce da una cultura che per anni si è chiusa all’occidente e al resto del mondo (e lo è ancora in parte nei suoi aspetti e dinamiche più profonde) e spesso anche nei suoi stili più diffusi si è sempre sviluppato tramite discendenze familiari basate sul rispetto e la fedeltà insomma un sistema culturale e filosofico chiuso e soprattutto molto differente da quello che viviamo oggi noi eurooccidentali fatto di interdipendenze e molto globalizzato (si pensi che in cina non esiste google!). Solo questo dubbio poi certo se penso ai maestri che mi hanno segnato di più nella mia storia personale di kung fu non sono stati cinesi ma europei (tedeschi e italiani) e quindi sarei d’accordo con il bell’articolo di cui sopra 🙂
beh, una cosa è la cultura e la nascita di un credo filosofico, una filosofia del movimento. un’altra è il riuscire a entrare in quel sistema e coglierne uno dei suoi aspetti. non si tratta di essere storici del kung fu, ma di esserne maestri. e sono convinto che non sia necessario essere cinesi
Sono d’accordo sulla “non scontata superiorità” dei cinesi nel KungFu Wushu. Però… è innegabile che a genetica diversa corrispondono abilità diverse, a cultura diversa corrispondono influenze diverse.Cosa voglio dire? non stiamo parlando del fenomeno del momento che potrebbe nascere ovunque nel mondo, ma del numero maggiore di “bravi” che si trovano in un determinato luogo. Quindi resto dell’idea che la pizza VA MANGIATA A MERGELLINA ( e da come scrivi non l’hai mai mangiata li…) perché l’aria, l’acqua, gli ingredienti locali fanno la diferenza… poi è vero… gli egiziani a volte sono anche pizzaioli migliori dei napoletani. Resto dell’idea che come si muovono i cinesi nella “loro” arte sono meravigliosi, fermo restando che _un buon maestro (cinese o non) è tale se fa tanti maestri, non se ha tanti allievi! _ Cmq articolo interessante .
a prescindere dalla pizza, gli ingredienti del kung fu sono oramai spesso esportabili perchè culturali e non legati al terreno. però la pizza a margellina mi ispira un sacco!
Mi collego all’ultima parte dell’articolo.
La scorsa settimana a un matrimonio di amici ho conosciuto una ragazza di Canton e inevitabilmente si è finito per parlare di arti marziali tradizionali cinesi. Dopo la sua sorpresa di trovare un italiano che studia “so deeply” la loro tradizione, le sua successive considerazioni sono state che abbiamo più cultura marziale tradizionale cinese qui in occidente di quanta ne sia rimasta in Cina e che i giovani cinesi oggi non sono interessati alla tradizione. Tutte cose che mi erano già arrivate, ma sentirsele dire fa un effetto diverso.
In ogni caso, credo sia inutile disquisire su chi sia “più bravo” se assumiamo che nel Gong Fu l’unico avversario veramente degno di noi siamo noi stessi.
assolutamente d’accordo, alessandro
nel leggere la frase “La mia scuola è la migliore: ha il maestro più bravo di tutta la Cina” mi viene in mente una storia:
-Un uomo colto fece visita a un maestro Zen per conoscere questa disciplina.
Mentre il maestro parlava, l’uomo colto lo interrompeva spesso per esprimere la propria opinione su questo o quell’argomento.
Alla fine, il maestro Zen smise di parlare e cominciò a servire il tè all’uomo colto.
Versò il liquido nella tazza fino a riempirla, ma invece di fermarsi, continuò a versare facendo traboccare il tè.
“Basta”, disse l’uomo colto, “la tazza è piena, non puoi versarvi altro tè”.
“Come questa tazza, anche tu sei pieno di opinioni”, replicò il maestro Zen.
“Se prima non vuoti la tua tazza, come posso io versarvi il mio tè”?
Questo dimostra che una persona che si esprime con una frase “La mia scuola è la migliore: ha il maestro più bravo di tutta la Cina” ha una mente troppo piena e non si rende conto della realtà del Kung Fu in tutto il mondo. Un vero allievo che ha appreso gli insegnamenti del proprio maestro dovrebbe arrivare a capire che non esiste il meglio o il peggio ma esiste l’adattamento di ogni persona in ogni parte del mondo.
grande