Hung Gar Tung Tin Choi. La terza mano che uccide

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Tung Tin ChoiNon c´è due senza tre, e quindi nel nostro cammino verso le dieci tecniche mortali dello stile della tigre e della gru eccoci alla terza mano che uccide: Tung Tin Choi, il “pugno che perfora il cielo”.
Ancora un nome altisonante, degno di una tecnica che si vuole letale. È intuibile però che si tratti del contrario dello scorso Seung Gwaa Choi. Quest´ultimo, si ricorderà, trattava dei colpi di pugno dati dal basso verso l´alto e quindi discendenti, “appesi” sul nostro malcapitato avversario. Se, al contrario, Tung Tin Choi vuole perforare il cielo, non potrà che essere ascendente.
Questioni di geometrie ontologiche, insomma: terra giù, cielo su. Se quindi Seung Gwaa Choi impattava più spesso con il dorso della mano o con il bong, l´avambraccio, questa volta saranno le nocche a spedire in paradiso il nostro avversario.

Tung Tin ChoiNemmeno a dirlo, lo San Fat (movimento del corpo) che rende efficace questa tecnica è lo stesso che abbiamo ritrovato nelle due precedenti, ovvero lo scatto d’anca. Per perforare il cielo o il corpo del nostro avversario è infatti insufficiente un colpo di solo braccio: bisogna usare il corpo. Dietro il pugno c’è quindi tutta la potenza dello scambio di posizione Sei Ping Ma – Jing Ma, e oramai questo non dovrebbe stupirci. Zanetti (2013) ci ricorda che questo è un pugno che spesso viene usato per bloccare il Hei, il “respiro” (Zanetti 2013, cit., p. 122.). Il colpo viene quindi portato al plesso solare e questo causa il tipico blocco del respiro che ne consegue, quella sensazione di non riuscire più a respirare dopo una bella botta presa all’addome.

Tung Tin ChoiQuesta tecnica ha una mentalità del tipo <<spacco più possibile dove possibile>>. Nel senso: dovrebbe essere portata con gittata molto ampia, a partire da molto in basso. Grazie alle posizioni basse dell’Hung Gar, infatti, il primo vero obiettivo del Tung Tin Choi sarebbero i genitali. Nel momento in cui il nostro avversario fosse così abile o fortunato da riuscire a spostarsi leggermente indietro, ecco che il nostro pugno si allungherà pretendendo di colpire il suo plesso solare. Se per caso anche quest’ultimo fosse oramai fuori dalla nostra portata, il cielo da perforare diventerà la sua gola, il pomo d’Adamo. Ancora: se non fosse sufficiente, obiettivo rottura del naso.
Insomma finché c’è da rompere, Tung Tin Choi cerca di rompere.

Tung Tin ChoiOltre i cinesismi dal fascino mitologicamente orientale, si tratta di un montante. Da questo punto di vista, Tung Tin Choi non è nulla di speciale, e l’Hung Gar non inventa nulla di così rivoluzionario che già altre discipline non annoverino nel loro bagaglio tecnico. Prima fra tutte: la boxe occidentale. Possiamo affermare tranquillamente che il montante è “di proprietà” prima di tutto del pugilato inglese. Questo almeno in un non troppo informato immaginario collettivo, che assegna a questa disciplina il “copyright” su jab, diretti, ganci e montanti e al Kung Fu riserva invece i vari quan, choi, sao, etc.

Tung Tin Choi montante boxAlla fine, però, il corpo umano è l’unico vero protagonista del movimento. Oltre ogni stile, è ancora una volta la sua biomeccanica l’unica vera determinante. Questioni, nuovamente, di geometrie e biomeccaniche ontologiche: il corpo umano è fatto in un certo modo e questo è molto più importante di stili e discipline.

Colpi dall’alto o dal basso, diretti o ganci, montanti o backfist, pugni al cielo o appesi diventano così questioni più che altro di etichetta. Modi di chiamare qualcosa che è più legata all’uomo che alla parola. E l’Hung Gar, però, ha giustamente il proprio modo di chiamare il montante: Tung Tin Choi.
Potete osservare un perfetto Tung Tin Choi nel video sopra, come ultimo colpo portato nella tecnica spiegata dal maestro.

Bibliografia minima

Zanetti, Maurizio, Hung Jia Kyun. Stile della famiglia Hung, Edizioni Caliel, Bologna 2013.

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