Che poi i fondamentali non sono noiosi per definizione, dipende soprattutto dai gusti personali, piuttosto è il fatto di doverli ripetere continuamente a farli diventare tali. Qualsiasi sia lo stile che pratichiamo esiste nella stragrande maggioranza dei casi una prima parte di allenamento che ha dei capisaldi immutati: sono esercizi estremamente condizionanti ed allenanti che spesso coinvolgono catene cinetiche importanti e numerose, esercizi collaudatissimi e per loro natura piuttosto impegnativi e quindi da eseguire in una fase di freschezza atletica, come la prima parte dell´allenamento, a volte durante il riscaldamento, a volte immediatamente dopo.
Il mio, il tuo, il suo maestro, ognuno ha una diversa routine e si gestisce differentemente, ma difficilmente si prescinde da alcuni fondamentali, anzi è quasi impossibile direi: nella mia esperienza ho incontrato un solo maestro di arti marziali da combattimento, ex pugile ed esperto di Thai Boxe, che come riscaldamento faceva iniziare con 5 minuti di vuoto libero e poi entrava nel vivo della lezione con combo e sparring: ma a ben vedere il suo metodo era ridurre tutto all´osso, lui allenava i fondamentali con dei fondamentali.
Ragionando per estremi e pensando ad una fase delicata come il riscaldamento sarebbe come voler saltare le posizioni di base nel Kung Fu Tradizionale o iniziare una lezione di Sanda o Wing Chun senza una corsetta o dei salti alla corda, anche se sono sicuro che esistono casi del genere. E per essere rimpiazzati da cosa poi? Se sono esercizi fondamentali lo sono soprattutto in termini di efficacia, oltre ad essere molto spesso sicuri in termini di infortuni e testati da generazioni di praticanti prima della nostra.
Pensiamo ai muscoli delle gambe che ogni buon praticante di Kung Fu deve allenare non solo durante la lezione dedicando loro un´attenzione extra anche nelle sessioni di training in solitaria, come ad esempio gli affondi, uno dei fondamentali più importanti per gli arti inferiori: pur con tutta la buona volontà, semplificando grossolanamente si tratta in fin dei conti di effettuare un passo molto lungo e profondo per poi tornare nella posizione di partenza; sarebbe anche lecito annoiarsi.
Vediamo insieme come sconfiggere la tediosità con 3 varianti di questo esercizio:
Affondi saltati
Come tutti gli esercizi che privilegiano la forza esplosiva e reclutano quindi le fibre muscolari a contrazione rapida è bene affrontarli quanto prima possibile. In questo caso il bilanciere come sovraccarico risulterebbe scomodo nella fase di "atterraggio", meglio quindi utilizzare dei manubri da tenere lungo il corpo, ma anche l’esercizio a carico naturale è ugualmente valido.
Si tratta di compiere il primo affondo come nella versione base per poi con un salto da effettuarsi sul posto ed invertendo le gambe in volo ritrovarsi nella posizione di affondo con il piede opposto. Puntiamo molto sulla qualità del salto e dell’esecuzione, dato che il numero delle ripetizioni saranno inevitabilmente abbastanza basse.
P.S. Attenzione alle ginocchia, rischiamo di batterle contro il suolo, quando la stanchezza comincia a farsi viva, se siamo all’aperto sfruttiamo il terreno per eventuali ammortizzazioni mal controllate.
Affondi laterali
Qui coinvolgiamo anche adduttori e abduttori, ai quali spesso dedichiamo meno tempo del dovuto. Il gesto tecnico anziché di fronte a noi si sviluppa lateralmente con una gamba che lentamente declina rimanendo tesa mentre l´altra compie l´affondo, sempre mantenendo le piante dei piedi parallele tra loro.
Le prime volte è bene trovare le misure giuste che ci permettano di tenere quanto più è possibile le piante dei piedi al suolo, poi il passo giusto diventerà automatico, come nella versione classica. In questo caso i manubri risulterebbero solo d´impiccio, il bilanciere è il sovraccarico ideale.
Affondi inversi
La versione al contrario di come normalmente la conosciamo ha il grosso vantaggio, soprattutto per chi soffre di ginocchia delicate, di ridurre sensibilmente la sensazione di carichi gravanti su di esse, tipica della versione base, dato che nella decelerazione vengono maggiormente coinvolti i muscoli posteriori della coscia, i quadricipiti femorali ed i glutei. Nel compiere il passo indietro la nostra principale preoccupazione deve essere quella di andare dritti ed evitare percorsi diagonali potenzialmente pericolosi per legamenti, tendini e cartilagini (sentirete scrocchiare mezza palestra le prime volte); il nostro punto di appoggio sarà solo la punta del piede utilizzando anche le dita e la loro flessibilità come una sorta di "ancoraggio" al terreno.
Personalmente non amo particolarmente questa versione perché nelle ultime ripetizioni mi sento insicuro nella discesa non vedendo dove metto i piedi e se la mia linea ideale è corretta o storta, tuttavia ammetto di praticare questa variante raramente il che non mi aiuta a superare questa mia specie di blocco mentale.