Mark Bonifati
Ho un amico di kwoon che ha da poco fatto l’esame di cintura nera I duan e conseguito l’abilitazione da allenatore. È entrato “ufficialmente” nel mondo dell’insegnamento. A parte il fatto che pratica uno stile che non si può guardare….ehi ehi ehi!!! Scherzo, ovviamente: se anche lui mi sta leggendo, sorriderà e mi risponderà a tono con un fa shēng (l’urlo che si fa durante i tao lu imitando uno degli animali del proprio stile). Ho letto la sua tesina per l’esame da allenatore. Complimenti (no no, frena: non per la scelta dello stile), è fatta benissimo. Mi ha anche lusingato citando alcune parole che avevo scritto molto tempo fa sull’ attempato e amatoriale sito della mia scuola, e mi ha permesso di riflettere su queste ultime alla luce delle sue riflessioni. Le scrissi molto tempo fa, un paragrafetto intitolato “Impegno, studio e sincerità verso se stessi”. Voglio considerare i pensieri di questo neo-Maestro di Kung Fu un riuscito e inconsapevole svisceramento delle mie vecchie parole. Ripartire da ciò che ora posso aggiungere e argomentare.
Per la nostra Italia è un momento molto duro, a livello socio-economico. La “crisi” si fa sentire ovunque, la gente vive giustamente al risparmio privandosi di ciò che reputa superfluo. Molti miei colleghi insegnanti ravvisano infatti un drastico calo delle affluenze ai corsi di arti marziali, come è giusto che sia: i divertimenti e gli svaghi sono le prime vittime di periodi come questo. Corsi di spinning e aerobica, lezioni di Yoga e Aikido, allenamenti da bodybuilder o da fit box si ritrovano a non avere più problemi di spazio. I ristoranti e le pizzerie ritornano a funzionare per nutrire la gente più che per offrirle una serata in compagnia di fronte a qualche costoso piatto esotico, i cinema lasciano ad ogni spettatore almeno un posto adiacente per posare la giacca. Che disastro…penso a quelle parole che il mio amico dallo stile bizzarro mi ha rinfrescato, e queste mi rimandano ai tempi in cui ero uno studente del Maestro Maurizio Zanetti nella sua sede centrale ILKA a Bologna. Ora vivo a Torino e si sa che tutto il mondo è paese.
Mi è adesso venuto in mente un altro mio vecchio amico del periodo bolognese. Era un praticante di arti marziali abbastanza “fuori di testa2. Tuttavia condivideva una caratteristica piuttosto diffusa in molte persone che girano nei kwoon. Dico questo perché allora credevo fosse sua “virtù” precipua, quel suo considerare il mondo come degno di qualche punizione a causa della impelagante disonestà. Curioso però che avesse eretto a campione rappresentativo di tutti i guai possibili quello dei maestri di Kung Fu. Certo, mica tutti: i suoi no. Quelli degli altri. Serate e serate di giudizi e parolacce che spesso rasentavano assurde ipotesi di complotto e via a discussioni su come organizzare qualche piano che potesse rovinare Tizio o Caio. Roba da Ocean’s Eleven.
È inutile porre qui argomenti che starebbero meglio nei post di qualche sito di una comunità terapeutica per disturbi da psicosi delirante. Voglio concentrarmi invece sul fatto che egli condivideva con molte persone lo sparlare e giudicare sempre qualcuno che è sempre lì che si allena e quotidianamente si immerge nell’arte con tutto se stesso.
Torno al mio amico “normale” (a parte che per lo stile che pratica), quello di inizio post. Scrive che la sincerità verso se stessi e la consapevolezza del modo in cui si pratica sono tra le virtù più elevate del Kung Fu. Poi aggiunge prontamente che questo tipo di esperienza può essere raggiunta solo da chi vive l’arte marziale come uno stile di vita, un impegno con se stessi. Questo tipo di percorso implica una crescita che comprende tutto l’essere umano, cambia totalmente l’intera vita dell’individuo. «Il Kung Fu per scoprirlo veramente ti chiede di imparare. Ogni giorno», scrive (subito dopo tenta di avventurarsi in un vano tentativo di giustificare la scelta del proprio stile). C’è invece molta gente che si mette lì e invece di imparare parla. E poi riparla. E quando arriva l’ora della lezione di arti marziali, si cambia…e parla.
Che un Maestro sia da biasimare perché è un ciarlatano, ci può stare. Però bisogna farlo dimostrando di non credere solo all’arte delle chiacchiere. Bisogna allenarsi allenarsi allenarsi (cito adesso il Maestro Maurizio Zanetti). Qui casca l’asino. La domanda diventa quindi, da che era «cosa ti richiede il Kung Fu», la complementare «cosa TU chiedi al Kung Fu». Quando gli parli, lo vedi come un parente dei corsi di spinning o sala pesi? Lo collochi nel mondo delle serate in pizzeria o al cinema? Touchè: nella tua vita il Kung Fu è superfluo? La crisi fa da cartina di tornasole: costringe a valutare qualcosa come rinunciabile o meno. Ho molti amici che studiano pianoforte, chitarra, batteria e magari suonano in una band. Altri fanno arti visive, dipingono o scolpiscono e magari organizzano mostre che vengono recensite dai critici d’arte sulle riviste del settore. Altri appartengono a compagnie di danza o teatro e magari girano l’ Italia con i propri spettacoli. Cosa stanno chiedendo essi alla loro arte? Di imparare. La scongiurano di rivelare loro la sua più intima essenza, ogni sua sfaccettatura. Sono suoi servi fedeli e devoti, instancabili maniscalchi di ogni passo che essa mostra loro. Fuor di metafora: lavorano duro («duro lavoro»:chissà come si dice in cantonese…), sono degli artisti. Arti in musica, arti visive, arti recitative, arti letterarie…ARTI MARZIALI. Hu…anche noi abbiamo quella dannata parola che dovrebbe darci il diritto di definirci “artisti”. L’arte non è qualcosa di superfluo per chi vive ossessivamente al suo seguito. Mr. Lee diceva che , se non siete disposti ad allenarvi in un certo modo, vi conviene ingaggiare una guardia del corpo. Per aspettarsi dal Kung Fu determinati risultati, dovete sapere prima quello che gli avete chiesto all’inizio. Se lo avete trattato come uno svago, come qualcosa a cui si può rinunciare, esso si comporterà esattamente così. Non potrà darvi ciò che non gli avete chiesto, anche se continuate a insistere. E il Maestro, questo grande illuso pieno di difetti, non saprà come poter interagire con l’arte per sistemare le cose. Come fa a chiederle di regalarvi qualcosa che nemmeno essa possiede?
«Voglio imparare quella forma». «Però a lui ha dato un grado in più». «Quello fa da meno tempo di me e ha la cintura di un colore superiore». «Eh, però qua in questa scuola il corso è troppo corso, l’applicazione è troppo applicazione, mi arrivano schiaffi troppo schiaffi». L’arte vi guarda, poi osserva il vostro Maestro e i due si lanciano uno sguardo frustrato, che significa «porca miseria, come dobbiamo fare? Noi vorremmo dare con tutto il cuore quello che ci chiede, ma proprio non sappiamo dove prenderlo.». Insegnare l’arte è per un Maestro sincero la propria vocazione, dare è il suo compito. Suonare, danzare, recitare, comporre musica o poesia, dipingere sono esperienze che vanno vissute fino in fondo.
La verità fa male, ma è questa: prese per quelle per cui esse sono nate, non possono essere vissute come superflue. Certo, se c’è la crisi, c’è la crisi. Però io vedo sempre gente sbronza al sabato sera. Discoteche piene. Non si sta qui sindacando su cosa la gente fa: ognuno fa il cavolo che gli pare. Le cose sono però necessariamente coerenti con l’intensità, l’impegno e il modo in cui si fanno. Si tratta dunque di onestà verso se stessi: fai quel che vuoi, ma ricordati che nelle esperienza troverai solo quello che già all’inizio ci avevi messo tu.
Non si scappa: non è il Maestro, il corso, o bla bla bla e bla bla bla. È l’arte: o è tale o non lo è. Questo, purtroppo, è vero anche se avete scelto uno stile che non si può guardare.
PS. per il mio amico (quello normale): su dai, lo sai che scherzo, la mia stima per te e la tua scuola è infinita.
4 risposte
A parte la ricerca dello stile con cui si scherza :-), è perfettamente in linea col mio pensiero. Dove si vuoe arrivare? Si vuol fare un oretta la sera dopo il lavoro tanto per sudare o raccontare agli amici di “fare” Kung fu o si vuole abbracciare un percorso un po’ più serio?
Sono anni ormai (chi mi conosce può confermare) che invito i miei iscritti a fare spinning o step o gag (con tutto il rispetto epr queste discipline) se vogliono solamente sudare.
Il kung fu o le arti marziali (perchè di questo parliamo) vanno ben oltre la semplice espressione fisica.
Uno dei miei Maestri dice sempre che è l’unione di mente, spirito e corpo a dare l’essenza della ns. disciplina e non potrebbe essere + chiaro.
E’ inutile tradurre le tre espressioni sopraccitate.
LAVORATE, LAVORIAMO!
P.S.: e a chi parla tanto senza lavorare rispondo con una delle frasi che ha reso celebre il mitico Bruce Lee:” La teoria non basta, bisogna applicare”
E poi Lee aggiunge: “L’applicazione non basta, bisogna fare”
Concordo con tutto. Meno chiacchiere, più fatti.
Questo è uno dei motivi per cui tempo fa abbandonai il forum sulle arti marziali, il più gettonato/discusso/criticato forum sul genere in Italia.
Ci sono molti spunti interessanti, a volte si ricevono indicazioni o consigli utili, ma in genere è solo un gran parlare a cui non seguono mai i fatti.
E poi da noi c’è sempre questa competizione verbale, questo “sputtanare” quello che fa l’altro: per quanto mi riguarda, chi a parole attacca sempre e costantemente l’operato altrui lo fa perchè non è per nulla convinto/sicuro di ciò che lui stesso fa.
Io stesso nella mia ignoranza diversi anni fa parlavo spesso a proposito di cose che non conoscevo a fondo.
L’arte marziale è ARTE ed in quanto tale, come si dice nel post, necessita dell’attenzione e dedizione che ogni altro tipo di arte richiede, altrimenti diventa mero passatempo, perdendo tutto il suo valore.
La mia massima preferita, sempre di Bruce, rimane questa: “Sto ancora imparando, poichè l’apprendimento non ha limiti”
d’accordissimo, aggiungerei solo una velo di filosofia della libertà in più: l’ARTE non deve essere per forza studiata con attenzione e dedizione, e se qualcuno non gliele concede essa non smette per questo di essere ARTE.
Ma ogni LIBERTà porta come contraltare quello della RESPONSABILITà, che non significa il dover per forza essere dediti all’ ARTE. Intendo invece responsabilità nel senso di Sartre, ovvero che si è liberi si fare tutto, ma non di scegliere le conseguenze del nostro fare qualsiasi cosa.
SI è CONDANNATI A ESSERE LIBERI. Fai quel che vuoi perchè puoi, e proprio per questo le conseguenze saranno opera della tua libertà di determinarle. Quindi, se non c’è ARTE nello studio del kung fu, non ci sarà ARTE nei propri risultati, abilità, crescita. E solo per colpa/merito o più neutralmente RESPONSABILITà tua.