Succede molto spesso che chi si avvicina alle arti marziali ne viene rapito, letteralmente un sequestro non solo di persona ma anche di essenza, corpo, spirito, mente e cuore. La via del guerriero, da che si era scelto di provare a seguirla, decide essa stessa di cavalcarci senza più darci tregua. Ogni parte del nostro essere ne viene quindi influenzata e cambiamo profondamente. Come si suol dire: arte marziale non è una pratica ma uno stile di vita. Naturalmente non succede sempre e a tutti: per molti è uno svago, un hobby, uno sport. Finisce quando si esce dalla palestra e dura giusto quelle due volte a settimana per un’ora/un’ora e mezza in cui ci si mette il kimono e si pratica. Insomma: tra il saluto iniziale Lǎo shī Hao a quello finale Lǎo shī Zài jiàn.
Chi invece prende la strada “stile di vita” ne viene pervaso del tutto. Cuore, mente, spirito etc. abbiamo detto. E anche corpo. Relativamente a quest’ultimo emerge chiaramente il fattore che più lo influenza da vicino: l’ allenamento fisico inteso come ginnico, sportivo e marziale. Il movimento in senso occidentale. A chi se la prende più tranquillamente non c’è molto da dire. Ma per gli ossessionati cavalcati dallo spirito autentico del guerriero insorge spesso un problema il cosiddetto sovrallenamento, super-allenamento o iper-allenamento. Scegliamo però sovrallenamento, che ci libera dall’impressione di pratica supereroica che gli altri due termini evocano. «Sovra-» quindi nel senso di «troppo» e non in quello di «più efficace» o «migliore»: ovvero «il troppo stroppia».
La domanda principale a cui questo post vuole provare a rispondere è: quali sono i sintomi, le avvisaglie di un sovrallenamento?
Propongo una risposta da metodologia sportiva e fisiologia dello sport, ma ”vanto” ahimè un’esperienza personale lunga più di dieci anni di “possessione demoniaca”. Per esempio: un pomeriggio di fine inverno di qualche anno fa esco dalla mia lezione di filosofia all’ Università di Bologna e mi incammino verso casa. Ho un forte mal di testa e sono stanchissimo, fiacco e debole. Le orecchie a tratti mi fischiano e in alcuni momenti mi sembra di vedere tutto nero. Ad ogni passo ho la sensazione di star per cadere e la strada verso casa mi sembra lunga migliaia di chilometri. Dedico molte ore al Kung Fu e faccio i salti mortali per riuscire a rendere compatibile il tutto con gli altri impegni quotidiani. Credo proprio che si sia trattato e che spesso si tratti di sovrallenamento. Ho esagerato e il corpo si è usurato. Mi sta chiedendo di frenare. Nell’ambito della psicologia del lavoro e nella profilassi della salute del lavoratore esiste un concetto chiamato burnout. «Bruciarsi», proprio nel senso di essere consumati da uno stress eso/endo-geno dovuto ad una eccessiva richiesta di prestazioni lavorative e ad una sproporzionata reazione emotiva e psicologica ad essa. Il sovrallenamento si avvicina tantissimo a questa sindrome. Essa infatti si divide in alcune fasi (cfr. Maslach e Leiter 2000) che potrebbero benissimo essere elencate come fasi di un eccesso di allenamento:
1) Entusiasmo idealistico. Nell’ambito del lavoro si intende un momento in cui un individuo sceglie un lavoro di tipo spesso assistenzialistico (polizia, medico, operatore socio-sanitario, educatore, psichiatra, vigile del fuoco, etc.) spinto dall’entusiasmo legato ad una mission di aiuto.
2) Stagnazione. Gli stress eccessivi e il pesante carico di lavoro rivelano al soggetto la fatica e i lati poco piacevoli della sua mission.
3) Frustrazione. Cominciano vissuti di inadeguatezza, basso auto apprezzamento, eccessiva autocritica, massimalismo e altissime pretese da sé. Inconsapevolmente si mettono in moto comportamenti di evitamento del posto di lavoro e atteggiamenti aggressivi.
4) Apatia. L’interesse per il proprio lavoro diminuisce moltissimo, subentra indifferenza e comportamento routinario automatico svuotato da ogni spinta passionale.
Right, questo è il burnout. Vediamo come non sia tanto diverso da ciò che accade ad un praticante che esagera con l’allenamento. Comincia a praticare e la via del guerriero lo possiede a tal punto da diventare stile di vita (Fase 1: entusiasmo idealistico). Si allena, si allena e si stanca, si stanca. Nota che però non viviamo in un mondo di guerrieri o in un film e che l’arte marziale vera è decisamente più cruda di come Jet Li e Bruce Lee ci hanno mostrato (Fase 2: stagnazione). Lui però non molla e continua finché ha energie perché il Tao dice che non si finisce mai di imparare. Pretende da sé così tanto da essere poi insoddisfatto della sua performance e sensibilissimo alle critiche del suo maestro (Fase 3: frustrazione). La pratica diventa routine, si cominciano a notare solo orari e abitudini. Si fa il conto dei minuti che mancano alla fine dell’allenamento per tornare a casa (Fase 4: apatia).
Se oltre alle fasi diamo un’occhiata poi ad alcuni sintomi, vedremo che non sono così diversi da quelli di un sovrallenamento:
Sintomi tipici del burnout |
Sintomi tipici di un sovrallenamento |
Eccessivo carico di lavoro Senso di impotenza e inutilità Mancanza di controllo su risorse e abilità Riconoscimento altrui inadeguato Senso di isolamento dalla comunità lavorativa Identificazione con la malattia Condotte di fuga ed evitamento del posto di lavoro |
Eccesso di attività fisica Insoddisfazione e percezione che “ancora non basta” Mancanza di controllo su tecniche e abilità Eccessiva sensibilità alle critiche del maestro Senso di isolamento e spossatezza Identificazione con la malattia e condotte di fuga: «non posso allenarmi, sono malato»
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In definitiva: attenzione a non esagerare. Io l’ho fatto per anni e di brutto e ora la mia salute non è al massimo. E no, non è una identificazione con la malattia: carta canta. Se fossi stato più equilibrato forse lo sarei anche adesso. Per uno rapito dal demone guerresco il vero demonio frustrante è il freno della salute precaria. Equilibrio, equilibrio e sempre equilibrio: niente di più taoista.
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