Christophe Champclaux. Il combattimento secondo Bruce Lee. Un vero nuovo libro

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Christophe Champclaux. Il combattimento secondo bruce leeQuando le Edizioni Mediterranee ci hanno inviato il libro Il combattimento secondo Bruce Lee di Christophe Champclaux, per farne una recensione, non nascondo di aver pensato <<Va beh, sará un ennesimo libro su Bruce Lee>>. Al momento di sfogliarlo, peró, mi aspettavo un sacco di foto di repertorio con Ted Wong o Dan Inosanto, o magari tratte dai suoi film, mentre fa vedere applicazioni di tecniche in difesa personale o combattimento in generale. E invece no: tanto contenuto e un mucchio di cose da raccontare.

bruce lee disegnoIl testo è del 2013, ma è stato pubblicato in Italia nel 2014. Molto recente, quindi. Si diceva: tante cose da raccontare. Anche lí, peró, il dubbio che si sarebbero ritrite le solite informazioni e aneddoti sul Piccolo Drago – appellativo che Champclaux ama moltissimo – non mi ha del tutto abbandonato. E invece no, di nuovo. Conosco molto bene i libri su Bruce Lee, editi dalle medesime Edizioni Mediterranee. Conosco alla perfezione il libri di Bruce Lee in quanto autore. Internet è una fonte inesauribile di informazioni, eppure questo libro merita il tempo necessario alla sua lettura.
Che di informazioni già riportate altrove e quindi già conosciute dai leeiani fedeli ce ne siano a iosa è comunque cosa normale: il testo è rivolto anche a chi di arti marziali sa poco o nulla, o magari al giovane neo-praticante che vuole sapere tutto su un personaggio che ha dato alle arti del combattimento una notorietà senza precedenti. Il vero valore aggiunto del testo risiede però in quel surplus di informazioni e aneddoti praticamente inediti che ci mostrano un Bruce Lee decisamente diverso.

bruce lee e lindaUn famoso documentario su Lee, uscito qualche anno fa, recitava una frase che suonava pressappoco così: <<Andate oltre la leggenda e scoprirete l´uomo>>. Quel lungometraggio, in realtà, restò ben ancorato alla leggenda perché ci mostrò semplicemente le difficoltà che conferiscono ad una leggenda la sua aura di maledettismo. Bruce Lee come James Dean o Jim Morrison: un personaggio il cui genio si è mischiato alla dannazione e alla prematura scomparsa. Il libro di Christophe Champclaux riesce invece perfettamente a raggiungere l’uomo dietro alla leggenda del <<supereroe del grande schermo>> (Champclaux 2014, p. 146) perché ci restituisce un Lee realmente umano.
Che cosa significa, infatti umano? Se avete in mente un essere con difetti, paure, dubbi, ansie e preoccupazioni non centrate il punto: è risaputo che il Piccolo Drago ne era pieno, e questo non fa che aumentarne la gloria. L’aspetto più interessante di questo libro è che ci mostra invece un Lee umano perché limitato. Colui che per antonomasia superò ogni limite dandosi <<nessun limite come limite>> viene per la prima volta descritto attraverso aneddoti che lo vedono come bugiardo, sleale, manipolatore, meschino. E soprattutto: con delle carenze marziali da non sottovalutare.

bruce lee e Muhammad AlìIntendiamoci: "carenze" nel senso che si sta parlando dell’artista marziale Bruce Lee, e che quindi non può voler dire che non ci sapeva fare. È come dire che Muhammad Alì era carente di guardia, che Roberto Baggio non era un giocatore potente, che Carlos Santana non è un chitarrista veloce. Qualsiasi artista marziale medio sarebbe ben lieto di avere questi limiti, ma se sei da decenni dipinto come il supereroe marziale per eccellenza ecco che ci si mette ben poco a riportarti sulla Terra. Un esempio è proprio il grande incontro che tutti negli anni 70 hanno sognato: Bruce Lee contro Muhammad Alì. Chi avrebbe vinto tra i due più grandi combattenti dell’epoca? Christophe Champclaux ci dice subito che ci sono pochi dubbi: è lo stesso Bruce a rivelarlo a Bolo Yeung sul set di Enter The Dragon: <<Guarda la mia mano. È una piccola mano cinese. Lui mi ucciderebbe>> (Champclaux 2014, p. 114).

La più incredibile contraddizione che Champclaux ci racconta, però, riguarda il famoso combattimento di Lee contro Wong Jack Man. Tutti conoscono il racconto di Linda Lee Cadwell.
Bruce sarebbe stato sfidato dalla comunità cinese perché non avrebbe dovuto insegnare il Kung Fu agli occidentali. Il suo avversario, il maestro di nome Wong Jack Man, sarebbe stato sconfitto da Bruce in appena tre minuti. Il Piccolo Drago, però, è un perfezionista e per lui tre minuti in cui gli viene anche il fiatone sono troppi: per questa ragione c’è bisogno di far evolvere il Wing Chun, troppo limitato, ed ecco che arriva il Jeet Kune Do. Bene, secondo alcune testimonianze e alla luce di diverse contraddizioni tutto questo sarebbe una grandissima bugia (Champclaux 2014, p. 143).

La testimonianza di prima mano ce la dà proprio Wong Jack Man, in un articolo pubblicato nel 1980 dalla rivista Official Karate. L’autore, Michael Dorgan, raccoglie la versione di Wong in cui dice che quel combattimento durò più di venti minuti e l’unico danno che quest’ultimo riportò fu una piccola escoriazione vicino ad un occhio. Non si trattava di nessuna sfida per la conquista della libertà dell’insegnamento: Wong stesso aveva allievi occidentali. Sarebbe stato Bruce a sfidarlo con arroganza. Wong avrebbe accettato, aspettandosi però un confronto in stile light tra due arti diverse. Invece Lee la mise proprio sul personale, tanto che alla mano tesa di Wong avrebbe risposto immediatamente con un finger jab agli occhi a tradimento, da cui l’escoriazione.

bruce lee caricaturaDa lì in poi, però, ci dipinge un combattimento in cui Bruce fa di tutto per uccidere letteralmente il suo avversario (Champclaux 2014, p. 144), senza però riuscirci a causa della grandissima abilità di quest’ultimo. Wong si tratteneva perché non voleva fargli male e quindi usò solo tecniche difensive, scegliendo addirittura di non usare i calci perché <<troppo pericolosi>> (Champclaux 2014, p. 207). Wong sarebbe poi riuscito a prendere sotto il proprio braccio il collo di Bruce per ben due volte, in cui decise però di non colpirlo perché sicuro che il combattimento avesse in quel modo già dato il suo verdetto. Ma il suo arrabbiatissimo avversario, ferito nell’orgoglio, non avrebbe fatto altro che rincarare la dose.

L’uomo dietro la leggenda, dunque. Un uomo che sfida e perde, capace di comportamenti sleali, bugie e molti altri peccati che ci rendono tutti, appunto, umani. Un Bruce Lee che commette errori negli esercizi durante gli allenamenti, che è ben lontano dal possedere alcune incredibili capacità fisiche: nelle acrobazie dei film, quello che vedete è una sua somigliantissima controfigura di nome Yuen Wah (Champclaux 2014, p. 73). Un Bruce Lee che perde le staffe perché stressato e reso isterico dal troppo lavoro, che si concede spesso e volentieri qualche bella porzione di space cakes, la famosa torta alla marijuana. Una moglie, Linda, che ha dovuto tacere di questo suo vizio perché doveva incassare l’assicurazione sulla morte del marito (Champclaux 2014, p. 201).

bruce lee marijuanaQueste sono solo alcune delle tante storie e informazioni inusuali che Christophe Champclaux ci racconta. Non si tratta tanto, a mio avviso, di un libro sul combattimento secondo Bruce Lee: è un libro su Bruce Lee uomo, essere umano. Non in primis combattente, cosa che a parere dell’autore egli non era affatto, ma anche attore. Non mi stupisce infatti che Champclaux non sia un praticante ma uno produttore, regista e storico del cinema. Ma proprio per questo il libro è molto interessante e ci mostra realmente il lato oscuro del Piccolo Drago. Ce lo avvicina, ci spinge a superarlo in quanto praticanti. Ci ricorda che non c’è nessuno di invincibile e irraggiungibile. Che possiamo essere noi stessi quello che Bruce Lee voleva essere, ma che ha anche potuto non essere perché umanamente limitato. Un libro che ti fa venire voglia di cambiarti, andare in palestra e provare a diventare meglio di Bruce Lee.

Il libro è acquistabile sul sito delle Edizioni Mediterranee.

Bibliografia

Christophe Champclaux, Il combattimento secondo Bruce Lee, Edizioni Mediterranee, Roma 2014.

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