Bruce Lee e le parole difficili

Argomenti del post

bruce leeDomani è l’anniversario della morte. Il 20 luglio del 1973 moriva Bruce Lee. Ancora oggi non è un’icona, bensì l’icona per eccellenza delle arti marziali. Tutti conosco Bruce, anche chi non pratica Kung Fu, anche chi non pratica nessuna arte marziale. Per loro, quelli che non praticano, Bruce Lee è l’attore marzialista di Chen che terrorizza anche l’occidente con il suo urlo, il combattente che si sfiora il naso col pollice prima di sferrare qualche colpo fulmineo accompagnato da qualche sonoro “wa ta”.
Ma esiste un mondo fatto di praticanti di Kung Fu, Wing Chun e soprattutto Jeet Kune Do per il quale Bruce Lee è la radice dell’arte. Non conto neanche più le volte in cui qualcuno mostrandomi una tecnica di Jeet Kune Do l’ha spiegata con la frase <<Bruce Lee faceva così…>>.

bruce leeMa qual era l’arte di Bruce Lee? E non mi rispondete vi prego il Jeet Kune Do, perchè ad un certo punto Bruce decise di sconfiggere anche la sua stessa creazione per non stare sotto alcuno stile, che non fosse ovviamente egli stesso.
Il web è pieno di roba che spiega il pensiero di Lee. Ovunque potete leggere “be water, my friend“, “avere la forma della non-forma“, “nessun limite come limite“.
Lee studiò filosofia all’Università di Washington e questo influenzò pesantemente la sua esperienza marziale.
Negli ambienti specializzati della filosofia accademica a volte si sente questo motto: <<se vuoi conoscere a fondo un autore, devi indagare le sue fonti oltre che la sua opera>>. Proviamo dunque a dare un’occhiata alle fonti di Bruce più silenziose perché troppo occidentali per il marzialista innamorato del Tao del Jeet Kune Do.

Empirismo
Il primato dell’esperienza sul concetto è evidente quando Lee scrive che <<Un’impressione semplice è la causa di un’idea semplice e non viceversa>> (Lee 1964). In queste parole echeggiano pensatori come Hume e Locke. La vicinanza di un pensiero simile all’empirismo aristotelico allontana Lee dal regno delle idee platoniche, piuttosto astratte (la conoscenza della filosofia greca da parte di Lee è stata ampiamente documentata. Cfr. Lee 1963). La sua volontà di sperimentare le arti marziali a partire dal basso, ovvero dalla pratica,e non dall’alto, ovvero dalla tradizione sistematica degli stili già dati come costituiti è sicuramente in linea con tutto questo.

Fenomenologia
<<La filosofia si pone domande come <<questa sedia che vedo di fronte a me esiste di per sé?>>[…] Cartesio sollevò il problema sopra citato[…] Io non penso finché non penso a cose; e proprio per questo trovo me stesso. Io non faccio esperienza di qualcosa; io sono esperienza>> (Lee 1963). Per Lee questi sono problemi posti male: non è né la sedia né il mio vederla a essere primario. Non ha senso chiedersi quindi se la sedia c’è anche se io non ci sono, perché la prima cosa che ci si dà nell’esperienza è l’esperienza! Quello che esiste nel combattimento non è dunque la mia tecnica, il mio stile e quello del mio avversario. La prima cosa che si dà è proprio il combattere, vivo e dinamico e senza di esso non c’è nessuno stile. Le forme di per sé sono come «nuotare senz’acqua», come amava dire, proprio come la sedia di per sé non è esperibile senza il mio relazionarmi ad essa.

Fisica quantistica
<<La filosofia dualistica ha regnato suprema in Europa, dominando lo sviluppo della scienza occidentale. Ma con l’avvento della fisica atomica, le scoperte basate su esperimenti dimostrabili sembrano negare la teoria dualistica[…]Nella fisica atomica non viene riconosciuta una reale distinzione tra materia ed energia; in realtà esse sono un’unica essenza o quantomeno i due poli di una medesima realtà. Non è più possibile definire in modo assoluto il peso, la lunghezza, il tempo e così via, come hanno dimostrato i lavori di Einstein, Planck, Whitehead e Jeans>> (Lee 1965). Parole del tutto in linea con il testo Il Tao della fisica di Fritjof Capra del 1975 pubblicato due anni dopo la morte di Lee. Definire in modo assoluto una tecnica o uno stile di combattimento? Uno stile è quindi sempre completo? Dentro c’è tutto? A voi la risposta.

Esistenzialismo
<<Cogito, ergo sum, il detto di Cartesio che si traduce <<Penso, dunque sono» può significare in realtà soltanto <<Penso, dunque sono un pensatore>>. Si tratta di conoscenza, non di vita. E la prima realtà non è cosa penso, ma cosa vivo, e proprio per questo motivo vive anche chi non pensa[…]Le verità è Sum, ergo cogito. Il punto debole del Discorso sul metodo di Cartesio sta nel prendere le distanze dall’uomo reale per diventare un semplice pensatore, un’astrazione>>(Lee 1964). Motto tipico dell’esistenzialismo fu che l’esistenza precede l’essenza, ovvero che prima di poter pensare, sentire, emozionarci, esperire noi dobbiamo esistere. Una volta che si esiste, poi si può essere qualcosa. Tu Cosa sei? Un praticante di Hung gar o di Tang Lang? Un Wing Chun-man? Un aikidoka? Un pugile? Prima di tutto esisti: l’individuo viene sempre prima del sistema

Filosofia della libertà
<<Ci sono due modi di imparare. Nel primo si raccolgono informazioni, c’è qualcuno che ti dice quali concetti saranno utili e come funziona il mondo e tu reciti il ruolo appropriato. [Il secondo] non è un calcolo di informazioni. Imparare è fare scoperte, far uscire quello che c’è in noi, trovare i mezzi per fronteggiare situazioni difficili>>(Lee 1964). ). La libertà non si trova dunque nell’accumulo di conoscenze, ma nello sviluppo di sé a partire da sé. Attraverso lo studio, certo, ma esso deve essere come una scala che ci porta in alto, nient’altro. Siamo noi a dover salire. Quanti stili conosci? Combatti con il Kung Fu o con il Karate? Con il Sanda? Chi sei tu per parlare a me che sono un maestro che ha completato lo stile X ed erede del maestro Y? Per Lee, ognuno di noi è prima di tutto libero, condannato ad esserlo come sosteneva Sartre ne L’essere e il nulla.

Psicologia della Gestalt
<<Un organismo lavora come un insieme. Noi non siamo la somma di più parti, ma una coordinazione molto sottile di tutti i diversi pezzettini che insieme costituiscono l’organismo: noi non abbiamo un fegato o un cuore; noi siamo fegato, cuore, cervello etc.>> (Lee 1964). Gestalt in tedesco significa «forma». Non lasciamoci però ingannare nemmeno per un attimo: niente a che fare con i Tao Lu! Significa che un individuo non è mai la semplice somma delle sue parti ma sempre qualcosa di più. Un combattente non è un insieme di stili così come il combattimento non è un insieme di tecniche. Non è quindi saggio studiare il combattimento analizzandone le parti come fosse tale: ad un certo punto emerge quella qualità che lo rende complesso e non riducibile ad un insieme di tecniche.

bruce leeBruce Lee fu un ricercatore che si rifiutò di limitarsi ai rigidi confini del “tradizionale stretto” e abbracciò la possibilità di sperimentare la propria arte, permettendosi il lusso di confutare anche se stesso. Bruce chiuse le sue tre scuole all’apice del successo per consentire al suo Kung Fu (inteso come arte marziale personale) di vivere libero dalle gabbie del “si fa così” e spinse i suoi allievi divenuti insegnanti a trasmettere non un sistema, bensì il loro sistema, l’espressione viva di un’arte che pur affondando le radici nella tradizione doveva divenire lo specchio dell’anima dell’artista. Un principio che potrebbe essere la panacea di quella febbre che afflige il mondo del Kung Fu italiano quando ci vuole tutti incatenati a ciò che (probabilmente) si faceva in Cina centinaia di anni fa, nella convinzione che l’inizio debba coincidere con la fine, che la ricerca sia reato quando si allontana dalla tradizione e che se nella terra in cui è nato il Kung Fu si faceva così allora è così che si deve fare.

Grazie a Mark per l’aiuto prezioso nella stesura di questo post.

FONTI:
– Lee B., Manoscritto vari 1964
– Lee B., Living: The Oneness of Things, 1963
– Lee B., Yin-Yang, Dattiloscritto 1963
– Lee B., Manoscritti vari, 1963
– Lee B., Descartes, 1963
– Lee B., Descartes Meditations, 1963
– Lee B., Cogito Ergo Sum, 1964
– Lee B., Three types of philosophy: opinion, duty, existensialism, 1964
– Lee B., The four basic Philosophical approaches: opinion, duty, existensialism, Gestalt, 1964
– Lee B., Learning, 1964

6 risposte

  1. Davvero un bell’articolo!!!! Io non conosco bene la vita e il pensiero di bruce lee,ma in interviste esce fuori anche il suo legame con krishnamurti. Penso che proprio questo filosofo,abbia più di tutti influenzato il suo concetto di “non-maestro” che poi porta anche al concetto di non stile,ma piena espressione delle proprie capacità……

  2. Tutte le parole di Bruce Lee, in quanto maestro di arti marziali, fondatore del J.K.D., artista a tutto tondo, sono da studiare approfonditamente, ma…
    ma Bruce come altri ha fatto un percorso che lo ha portato a “comprendere”, poi trasmette che per imparare l’arte del combattimento (e di vivere) vanno eliminati tutti i limiti, soprattutto mentali, le forme (l’acqua assume tutte le forme), ecc. la non-forma, il non-stile, il non-maestro, e così via. una filosofia però senza la pratica è puro ragionamento intellettivo, come una bella equazione senza applicazione. Se prendo mio sorella che non sa nulla di alcuna arte marziale e gli insegno queste cose, anche se la faccio allenare e la preparo fisicamente, non sarà mai in grado di combattere, in quanto il suo mente-corpo non ha esperienza del combattimento. Non saprà tirare un pugno efficace, non applicherà un chi-na correttamente, o un calcio stabile. E’ come imparare a guidare l’automobile, diciamo che ti metto su una formula uno e ti dico “tieni la macchina sull’asfalto, evita gli altri e vai più forte che puoi, del resto non ti preoccupare”. Schianto assicurato. diciamo che se hai imparato a portare un’auto, sai dosare i vari comandi, allora cominci a capire la dinamica del mezzo, ne sfrutti le “non linearità”, e magari arrivi a fare un sorpasso in curva sottosterzo in derapata. Insomma prima di “rompere le regole” ci vogliono delle regole da rompere. Queste poi possono essere qualsiasi come punto di partenza, quindi ogni stile va bene, purché ti sia affine, ma alla fine dovrai rompere con lo stile che hai imparato per crearne uno tuo, che non può essere quello di Bruce, in quanto tu non sei Bruce. Questo è il mio umile pensiero…

  3. RICORDARSI SEMPRE DI ESSERE SEMPRE GLI STESSI COME SIAMO NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI. OGNI PERSONA HA UN FISICO E UNA MENTALITÀ DIVERSA DA GLI ALTRI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *