I bicipiti. I muscoli che nell´immaginario collettivo (dell´uomo medio) rappresentano la sintesi assoluta dell´essere muscolosi. È davvero possibile allenare questo fantomatico muscolo senza manubri e bilancieri?
Ad essere sinceri ni.
Gli esercizi fondamentali non possono che prevederli, perché, purtroppo, i muscoli più piccoli hanno la brutta abitudine a rimanere tali (vedi i polpacci). Tuttavia possiamo eseguire un esercizio complementare che ha come vantaggio una maggior sollecitazione del capo lungo del bicipite (il famoso “picco” ovvero visivamente la parte più “alta” del muscolo).
Esecuzione
La tecnica vista da fuori può sembrare apparentemente facile, ma non è proprio così. La preparazione iniziale è fondamentale in tutti gli esercizi ed in questo in particolar modo e soprattutto nel corretto posizionamento degli arti.
Selezioniamo 5 “disonorevoli” kg dal cavo basso e perdiamo qualche secondo – con l’ottima scusante di doversi scaldare se un nostro compagno di allenamento ci guarda storto o ci espone al pubblico ludibrio – per impostare correttamente la posizione iniziale dell’esercizio.
Quindi – omen nomen – ci sistemiamo di spalle al cavo e facciamo un passettino in avanti con la gamba opposta al braccio che alleniamo. Guardandoci i piedi dall’alto, visivamente ci dovrà essere una distanza di circa un piede fra quello indietro e quello che ha compiuto il mezzo passo. Ci ritroveremo quindi in una posizione stabile ma scomoda, con la schiena dritta e le anche parallele fra loro, ma – soprattutto – ci dovremo ritrovare così terminata anche l’ultima ripetizione.
Un consiglio: cercate un punto di riferimento davanti a voi da fissare per tutta la serie per evitare lo spostamento inconscio e graduale verso il lato dove il carico grava, soprattutto quando i pesi non saranno più i 5 denigratori chiletti.
Il braccio a riposo consiglio di appoggiarlo poco sopra il bacino o comunque nella posizione che preferite a patto che vi dia equilibrio e stabilità, mentre l’altro va arretrato di una trentina di gradi circa che equivalgono spannometricamente a una quindicina di cm oltre il nostro fianco.
Congeliamoci letteralmente in questa posizione. Ora possiamo pensare al nostro bicipite. Flettiamo il gomito in direzione avanti/alto in maniera esplosiva fino a “strizzare” completamente il muscolo, cercando di evitare di “giocare” con la staffa e farla “tremare” come un malato terminale di Parkinson ma impugnandola con una presa salda e decisa. Ritorniamo alla posizione di partenza lentamente, controllando il carico con il muscolo e la presa con l’avambraccio.
A differenza dei manubri e dei bilancieri dove quando il braccio si ritrova quasi completamente disteso si lavora esclusivamente sulla presa, dato che la gravità ci alleggerisce il peso, questo esercizio offre anche il grande vantaggio dovuto all’effetto perennemente “tirante” del cavo che continua a sollecitare il bicipite ed a tenerlo in tensione costante per tutta la durata del movimento.
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