Qualche giorno fa mi è rivenuta in mente una tragica vicenda dell´ormai lontano 2013. Si tratta del tristemente famoso monoco Shaolin Juan Carlos Aguilar, nella cui palestra Zen 4 di Bilbao furono ritrovati i resti del cadavere di una prostituta nigeriana. All´epoca, noi di Kung Fu Life ci occupammo del caso attraverso un post che ne raccontava le dinamiche, lasciando sia in chi scrive che in chi legge una strana sensazione: quella di un incontro tra arti marziali e cronaca nera non in tema di difesa personale di una vittima, ma di omicidio brutale da parte di un aggressore.
Quella stessa sensazione che ho provato quando, andandomi a cercare il nostro vecchio post per riguardarmelo un po´, mi sono imbattuto in un altro caso in cui le arti marziali sarebbero state un arma del cattivo e non la difesa del buono. Un caso ben piú famoso di quello del monaco spagnolo: l´omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, avvenuto il 26 novembre del 2010 a Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo (Il Fatto Quotidiano 2015).
La notizia va chiaramente presa con le pinze, anche perché il caso Gambirasio, proprio come quello di poco precedente della piccola Sarah Scazzi uccisa ad Avetrana, è uno di quelli di cui forse non sapremo mai la verità a causa dell’insufficienza di prove. In ogni caso, la notizia è questa: tra le molteplici ipotesi fatte sull’arma del delitto, ce n´é una che sostiene che si tratti di un coltello da Kali filippino, che sarebbe stato maneggiato da un esperto di arti marziali. L´assassino di Yara praticava Kali filippino. Questa ipotesi risale al febbraio di quest´anno e non ha avuto molta rilevanza mediatica. Probabilmente perché è stata quasi subito "sostituita" da un´altra che, ad un uso strategico, studiato e tattico dell´arma, ne ha contrapposto uno fatto di incertezze e confusa manualitá.
In effetti <<arma del delitto>> è una denominazione non del tutto esatta: le ferite inferte non sono state mortali. Yara sarebbe morta di freddo e di stenti. Questo ipotetico esperto di Kali non sarebbe riuscito quindi a "chiudere l´incontro" con le proprie doti marziali. In questi casi, in cui le ipotesi si susseguono a raffica e si contraddicono spesso tra loro a causa di una snervante insufficienza di prove, possiamo solo prendere atto delle diverse interpretazioni che gli esperti ne danno.
Quella che interessa a noi riguarda, quindi, il dubbio che l’assassino abbia utilizzato un coltello da Kali filippino. Si tratterebbe di uno di quei coltelli con l’impugnatura "a tirapugni", che è tenuto ben saldo a causa dell´inserimento delle dita direttamente nel manico. Già qui, peró, si fa strada una seconda ipotesi inerente ai dettagli dell´arma: potrebbe anche essere stato un coltellino bailisong filippino, di quelli che nascondono la lama nel manico. Di solito, la lama dei bailisong è molto più piccola e corta rispetto a quella del coltello con l’impugnatura cava per le dita. Le tracce sul corpo della tredicenne, però, suggeriscono solo che la lunghezza della lama è di minimo 2 centimetri, il che non lascia concludere nulla in merito.
La dinamica delle lesioni da taglio sul corpo di Yara fu già interpretata come abbastanza atipica. L´idea che si fece strada inizialmente fu quella della pista rituale, secondo cui la direzione e la modalità in cui furono inferte mostrerebbe una logica coerente con una qualche procedura del genere. La perizia fatta dalla difesa dell´imputato Massimo Bossetti, che di arti marziali non sa nulla, ha sostenuto quindi che l´assassino fosse mancino e abile nel combattimento (Moroni 2015). Il medico legale Danila Rannalletta ha detto ai microfoni dei giornalisti che sono state svolte molte prove empiriche e ha proposto questa interpretazione (Gilioli – Nasso 2015).
Tutto questo allontanerebbe i sospetti da Bossetti, carpentiere di scarse abitudini marziali, la cui arma del delitto ipotizzata inizialmente fu per questo un cutter da muratore. Ignoto 1 – come viene chiamato l’assassino – sarebbe dunque un praticante di Kali? Magari un maestro? Come scrivevo poco sopra, forse non lo sapremo mai. Certo è che di tipi molesti ce n’è, nel nostro mondo delle arti marziali. Sarà mai che Yara aveva sostenuto che il Kung Fu o il Jeet Kune Do è meglio del Kali? O che la tredicenne amava e praticava segretamente il Krav Maga, e aveva sostenuto una volta che i disarmi sono la vera essenza della difesa da coltello?
Yara Gambirasio uccisa per un regolamento di conti tra punti di vista sulle arti marziali… l´ironia e la voglia di scherzare non dura a lungo quando penso all´accaduto e al dolore che deve aver provocato nella sua sfortunata famiglia. Mi torna un po´ se invece ripenso ad Aguilar, monaco tra i primi e pochi "eletti" occidentali a cui sia stato permesso di studiare nel monastero Shaolin originale. Questo si che ci riporta sulla terra, cari i miei santoni marziali dall´aria efficacissima e dall´anima pulitissima.
E ci riporta a terra anche in merito di difesa da coltello, che si sia trattato o no di un aggressore abile marzialmente. Non è semplice difendersi da un’arma così pericolosa e quindi no: qui non c’è proprio da scherzare. Il vostro modo di approcciare un aggressore armato potrebbe fare la differenza sulla prima pagina del quotidiano di domani, in cui figurereste o meno in toni piuttosto nefasti. Come del resto è successo alla giovane ginnasta di Brembate di Sopra.
BIBLIOGRAFIA MINIMA:
– Il Fatto Quotidiano del 7 ottobre 2015.
– Moroni Gabriele ne Il Giorno del 22 febbraio 2015.
– Gilioli Francesco e Nasso Antonio ne La Repubblica del 21 febbraio 2015.