Gli atleti di tutti gli sport, ovviamente anche noi artisti marziali, hanno un giorno o anche solo una fase dell´allenamento o delle zone che preferiscono allenare invece di altre: è qualcosa di naturale, istintivo, inconscio il piú delle volte. Ció che colpisce è che spesso e volentieri, per non dire sempre, ció che si preferisce è, o col passare del tempo finisce per diventare, il nostro punto di forza, ció in cui riusciamo meglio.
Chi ama il Kung Fu puó chiamarlo Qi, alcuni piú semplicemente forza della mente, mentre per altri piú pratici ancora è una diretta conseguenza dell´intensitá del nostro workout.
È un approccio di allenamento che indubbiamente produce effetti benefici, ma nell´ottica di uno sviluppo equilibrato ed armonioso, che il nostro sport contempla e promuove, puó considerarsi sostanzialmente sbagliato poiché finisce per favorire sempre alcune nostre peculiarità continuando a lasciarne in disparte altre, aumentando continuativamente la differenza che li separa.
Non parliamo solo di regioni muscolari che ciascuno di noi predilige, ma anche di tipologie di allenamento: c´é chi ama le sessioni di resistenza (per quanto mi riguarda io le odio) e quelli che preferiscono quelle piú toste e pesanti come quelle di preparazione di inizio stagione, oppure proviamo a pensare come anche all´interno della stessa lezione ci siano fasi diverse; personalmente, giusto per fare un esempio pratico, per quanto ami guardare ed imparare la tecnica dal mio maestro e dai miei compagni di allenamento "anziani" ho un travolgente debole per lo sparring.
Come uscire quindi da questo circolo vizioso? Beh innanzitutto premetto che non è facile farlo: mi rendo conto che allenarsi nei momenti che più amiamo è qualcosa di fortemente appagante e che genera stimoli fisici ma soprattutto mentali di cui non possiamo fare a meno, che creano quasi una forma di "dipendenza".
Inoltre questa predilezione che abbiamo per certi particolari momenti è importante nei primi mesi ed anni di allenamento perché ci aiuta a sostenere quelli più noiosi o semplicemente quelli in cui, anche se facciamo fatica ad ammetterlo in primis a noi stessi, riusciamo meno bene.
Il cambiamento comunque sia va affrontato in una serena ottica di autocritica e miglioramento personale dei propri limiti: l´approccio al cambiamento del nostro allenamento deve essere graduale però, possiamo quindi permetterci ogni tanto di tornare alle nostre "cattive" vecchie abitudini.
Innanzitutto dobbiamo estraniarci per un attimo da noi stessi ed analizzare oggettivamente quali sono i punti deboli che dobbiamo migliorare e dedicargli tutto il tempo che finora gli abbiamo negato relegandoli a qualche minuto a fine allenamento quando e se ne abbiamo tempo.
Precedenza assoluta a loro quindi. Non solo, per quanto sia possibile, inizieremo i nostri allenamenti con esercizi volti a migliorarli, ma gli dedicheremo anche il primo allenamento della settimana per essere più freschi possibile. Se i nostri limiti sono all´interno della nostra lezione di Kung Fu, avvisiamo con gentilezza e franchezza il nostro maestro dichiarandogli con onestà le nostre intenzioni di "conservarci" in certi momenti per poi dare il 110% in altri.
Un piccolo premio di consolazione sperimentato sulla mia pelle: se iniziare l´allenamento con qualcosa che non ci piace non è piacevole, finirlo con ciò che amiamo permette di distribuire in maniera ottimale le energie fisiche con quelle mentali.
Il cambiamento richiede una discreta forza di volontà ed una certa maturità, sportivamente parlando, perché fa traballare le nostre certezze e scombina la nostra tranquilla ed abitudinaria routine, tuttavia produce cambiamenti tangibili e volti a migliorare e uniformare le nostre qualità come artisti marziali.
La catena è forte tanto quanto il suo anello più debole.