Quadricipiti, bicipiti femorali, abduttori… il solito refuso tipografico del redattore, avrà voluto scrivere adduttori. Eh no cari lettori, questa volta vi siete sbagliati voi a leggere: ho scritto proprio abduttori, i muscoli – questi grandi sconosciuti – che abducono o allontanano lateralmente la gamba. Vedo qualche ragazza però dal fondo della classe che dice <<Ah ma sono i muscoli dell´esterno coscia?>>. Senza voler fare il professore di anatomia perché non lo sono proprio direi che ci siamo!
Ora non venite a raccontarmi che è il vostro gruppo muscolare preferito e lo allenate sempre per primo e con regolarità perché è inutile non vi crederei.
Lo dico perché anche io esattamente come tutti voi da amante del fitness prima e da buon praticante di Kung Fu poi non gli ho mai dedicato l´attenzione necessaria; l´occasione per pentirmene amaramente si presentò a Deng Feng la cittadina ai piedi del complesso del monastero di Shaolin quando il mio shifu che amava allenarmi scomponendo in sezioni e rallentando – siamo a livelli di Matrix per intenderci – fino all´inverosimile i movimenti tecnici dei calci (in particolar modo il calcio laterale cosí caro ai cinesi) me ne fece scoprire l´importanza grazie a dei simpatici e prolungati crampi – anche notturni – nella zona dei glutei e dell´”esterno coscia” per l´appunto.
Esistono esercizi più o meno specifici per allenare questi muscoli, ma dato che anche gli adduttori – i muscoli antagonisti – sono altrettanto bistrattati e poco considerati questa settimana vi propongo un esercizio che allena entrambi e che si può eseguire a carico naturale o no.
AFFONDI LATERALI. COME SI FANNO
Abbiamo già visto un caposaldo dell’allenamento delle gambe ovvero la classica versione degli affondi, questa versione tuttavia – poco conosciuta e poco vista anche nelle palestre – sfruttando un movimento trasversale permette l’attivazione di altri distretti muscolari.
Possiamo cominciare riscaldandoci velocemente con 1 minuto di saltelli sul posto con le mani sui fianchi unendo e aprendo le gambe tese.
Dopo di che ci disponiamo in piedi con le gambe unite e compiamo un passo laterale cercando di affondare il più possibile verso il basso piegando il ginocchio, mentre l’altro arto rimane con la suola ben “incollata” al pavimento e la gamba tesa.
Con lo sguardo rivolto sempre davanti a noi, manteniamo sempre la schiena dritta e il fondoschiena verso in fuori in una posizione che ricorda vagamente la Pu bu pur essendo molto meno estrema.
Per ritornar nella posizione iniziale è sufficiente – si fa per dire visto che l’esercizio ruota intorno a questo movimento – spingere il piede contro il pavimento: per fare ciò è fondamentale non cadere nella tentazione di sollevarlo nel fare un passo esageratamente ampio, quindi ricordiamoci che le piante dei nostri piedi devono essere sempre ben adese a terra.
In breve tempo l’esercizio ci sarà familiare e fin troppo leggero, dunque potremo utilizzare a questo punto un bilanciere carico sulla schiena come sovraccarico; la versione coi manubri la ritengo personalmente scomoda, ingombrante e anche più avanzata, ma lascio a voi decidere quella che più vi piace.
Per evitare possibili problemi ai delicati legamenti del ginocchio e alle cartilagini dobbiamo avere massima cura di tenere i piedi quasi paralleli con la punta di quello che compie il gesto tecnico leggermente divergente verso l’esterno. Se il fastidio persiste affondiamo sempre parallelamente ma col passo leggermente in avanti e non sullo stesso asse, aumentando sempre la divergenza della punta del piede.
Una risposta